Un lungo, veloce inverno.

È stato un lungo inverno. Ma è passato velocissimo. E sempre sull’acqua, o vicino ad essa, salata però.

Vi scrivo da un treno che corre sull’acqua, che scorre, sul ponte che collega Venezia all’Europa. Anzi, l’Europa a Venezia. Dopo qualche giorno di riposo in compagnia dei miei genitori, delle mie due migliori amiche (Kaos e Nix) e di pochi amici cari, sono ripartito subito per dare una controllata alla mia casa, cioè una barca, Brancaleon.

Il grande skipper ed amico Stefano Leon Rodriguez, l’aveva portata in 12 giorni da Kos a Porto Pollença, a Maiorca, 1.200 miglia da Est ad Ovest.
Pensavo di cavarmela in una settimana e tornare a Vienna come promesso al capitano Franz Scheriau, sul Frederic Mistral, ma sottovalutavo i lavori.

Sono stato tutto l’inverno a grattare, segare, verniciare, e pulire. Per quasi due anni Branca era rimasta sola ed una vecchia signora come lei, viva come ogni barca costruita in legno, si era un po’ lasciata andare. Il rapporto di amore richiede vicinanza e partecipazione se no le cose si incrinano.

Nella bella baia di Porto Pollença ho trovato bellezza, quella di un’isola ancora bellissima, e tanti amici nuovi.

Roberto Beggio, skipper e uomo di mare che molto ha fatto per tenere Branca all’altezza della sua storia. Mi ha aiutato molto senza volere nulla in cambio. Abbiamo passato giorni a smontare, pensare, levigare: ogni pezzo smontato rivelava lavori, piccole o grandi modifiche. Grazie Roberto di cuore.

Anche Fernando, un lupo di mare che vive a bordo della “Sua Illusion”, mi ha aiutato molto, in particolare con il motore (e l’ormeggio e molto altro) che guardo sempre con sospetto, cercando di usarlo il meno possibile.

Fernando è un mago e anche un filosofo. Le nostre lunghe chiacchierate col vento che fischia e la sua pipa mi rimarranno sempre nel cuore.

Poi Danielle, che dal Belgio ha trovato una baia dove riposare e ricominciare, Philip che mi ha prestato attrezzi geniali e la sua competenza, Shaun, ex Greepeace, una vita densa, di avventure, cuore grande. E tanti altri. A tutti la mia riconoscenza.

Francesco, che era già salito su Clodia in Francia, è tornato a trovarmi e mi ha dato una grande mano su Branca. Poi 4 Francesi “très-sympa” su un trimarano bellissimo con qualche problema sulla via per il Pacifico.

E poi ancora Antoni, un biologo che sa molto della sua isola, del parco naturale di Cabrera, e di “marges” i muri a secco delle terrazze che segnano e tengono le terre preziose delle montagne Maiorchine.

Con lui e Martha, filmmaker geniale, camminatrice instancabile, ho condiviso una delle esperienze più belle della mia vita: una notte al Barranc.

Il Barranc è una piccola casa dove i contadini passavano le notti durante l’estate, o in inverno al lavoro lungo le terrazzo e i Marges, in mezzo a ulivi e aranci. Raggiungere il barranc a Maiorca, a piedi scalzi, sulla neve per un’ora è stato fantastico.

Temperatura record, -5 a Palma, neve abbondante con paesaggio alpino anche in spiaggia. Non capita spesso.

In cima al Puig Maior, la più alta vetta di Maiorca con i suoi1.400 etri, c’era più di un metro di neve. Noi nel barranc, con il camino scoppiettante ci siamo addormentati sotto un’altra nevicata bellissima. Sembrava di essere altrove. Da dove vengo io.

Antoni ama le pietre e le barche, ha lavorato per Greenpeace ed il WWF. Cercheremo di fare qualcosa per quest’isola che oggi ha poca cura dell’acqua e consuma troppo per un turismo cosi becero. L’isola stessa viene consumata.

Port Andratx, baia stupenda, oggi è un cesso, lo dico senza mezze misure. Solo gli arricchiti male e poveri dentro lo possono ancora amare.

Era un gioiello fino a solo 40 anni fa. In mano ai nuovi ricchi tedeschi, inglesi, spagnoli e italiani hanno proliferato abusivismo, e stupidità, corruzione ed ignoranza.

Alcuni hanno pensato di proporre un tour della corruzione legata agli abusi edilizi per turisti. Anche da noi si farebbero affari d’oro.

A Maiorca c’è molta acqua ma un uso smodato di fetilizzanti e pesticidi ha contaminato le falde. Io cerco sempre di bere l’acqua del rubinetto, ma tutti si rifiutano. Dicono che è inquinata. Pensate a 50 milioni di turisti che consumano acqua senza attenzione, i diportisti che sciacquano le loro barche con acqua dolce, e l’agricoltura. Un’isola a rischio. Il consumo di acque minerali è semplicemente osceno. E la plastica si brucia spesso, negli inceneritori. Ci lavoreremo nel prossimo progetto.

Beate Werner della EEA (European Agency for the Environment), ci ha raggiunti a Palma per parlare di progetti future e ci ha invitati a Copenhagen. Altra neve e ghiaccio spesso nei canali: ci sono andato con Nicola Zago che mi sta aiutando con nuove idee. Ho raccontato il nostro viaggio nella bella sede della EEA.

 

Ho adorato Copenhagen: ghiaccio, civiltà, barche di legno bellisssime ed amate. Poche macchine, tante bici. Altra storia rispetto a Maiorca. Perchè noi mediterranei sappiamo buttare in vacca tutto il bello infinito che ci hanno lasciato?

A Copenhagen ho incontrato un artista tedesco, Hartmut Stockter, che fa cose bellissime tra cui un telescopio con un video toccante, e ho avuto anche l’occasione di ascoltare un concerto di Joshua Redman.

Li vorrei entrambi a bordo di Clodia con la loro arte.

Nel Museo Vichingo di Roskilde ho pianto: Per la prima volta in vita mia ho sentito le mie radici, il richiamo della foresta, dei legni utilizzati per le barche. Io vengo da li. Da qualcosa che si muove e dal freddo.

Il museo di Roskilde costruito vicino al luogo del ritrovamento di 6 navi del X e IX secolo dopo Cristo, è gestito in maniera impeccabile. Le barche vengono costruite ancora oggi con tecniche semplici e filologicamente rispettose di metodi che hanno superato con successo la prova dei secoli. E tengono il mare. Che barche. E si possono navigare. Tutte. C’è anche un ostello molto accogliente e con prezzi onesti.

Nella foto vedete l’archetipo di Clodia.

Sono andato alla direzione per fare i miei complimenti a questo capolavoro di museografia. Il direttore Anton Engert mi ha ricevuto con grande disponibiltà e spero davvero di collaboorare con loro. Come sarebbe bello che a Venezia ci potesse essere qualcosa del genere!

Anche per promuovere un turismo più colto e sensibile, legato ai musei marittimi d’Europa. Le barche hanno costruito l’Europa, forse lo dimentichiamo. Un mio caro amico, Nicolò Zen, che ci ha anche costruito gli alberi di Clodia, tenta con le sue risorse di costruire un museo delle imbarcazioni tradizionali.

Nell’antico forte di Marghera, cinquecentesca architettura di Michele Sanmicheli, architetto militare della Serenissima, ha già creato qualcosa che vale la pena di visitare, raccogliendo con attenta ricerca barche che stanno scomparendo o sono già scomparse.

 

Pochi decenni fa tutto il nord Italia era navigabile, attraverso canali, fiumi e paludi. La follia della macchina e dei “ponti a raso” ci hanno privato della possibilità di navigare ancora e di una economia che in Francia, Uk, Germania e Fiandre offre lavoro a molte persone.

Poi viaggi incontri, come quello organizzato da Stefano Venturini a Verona, un Pecha Kucha a Palma (20 slides, 20 secondi a testa, e 6:40 totali per racontare una idea). Geniale!

Ho imparato molto da una banda di geniali cuochi architetti e filmakers. Nella cornice affascinante dei bastioni della città vecchia di Palma. Ora vado a Marsiglia, al VI forum internazionale sull’acqua. E soprattutto al FAME, alternativo incontro. Chi vuole usare l’acqua come un bene e ricavarne profitto, e chi invece riconosce l’acqua come un diritto di tutti. Come la città di Parigi, che la distribuisce a prezzi sociali ai cittadini.

Acque minerali, dighe, canali, navigazione oversized: cosa vedrò? Ma anche piccoli progetti di recupero di antichi mulini, energie rinnovabili dalle acque senza gigantismi e senza bloccare il cosro del fiume, rispetto, civiltà delle acque. Uso ed abuso contrapposti a utilizzo e rispetto. Da che parte sto forse lo capite. E da che parte dovremmo stare sarebbe logico. Ma il dio denaro rende ciechi i suoi sudditi.

“L’acqua del rubinetto è inquinata dai rifiuti altamente tossici che lei ha per anni scaricato nel sottosuolo. Ma si rende conto di ciò che ha fatto?”
“E che cazzo me ne fotte a me, io bevo acqua minerale” fu la brillante e sincera risposta di un camorrista ad un processo.

La ripartenza è vicina. Bruno e Fine sono lontani. Stanno attraversando l’oceano a bordo della bella Miss Carol. Questo è il loro blog: http://www.carol-carol.net. Fine forse ci raggiungerà sul Mar Nero. È stata scelta da Deutsche Welle per uno stage a Berlino. Le belle foto di Josephine, il suo talento, forse le hanno aperto una vita da reporter.

Bruno mi manca e spero che ritorni presto anche se non ci siamo lasciati troppo bene. Questo è l’unico rimpianto che mi porto dentro. E conosco le mie colpe. Ho trascurato un amico. Mi ha dato sempre moltissimo. Di più! Lui è un amico, grande. Scusami Bruno se ti ho deluso.

Quest’anno forse avremo due volti nuovi come filmmaker. Stiamo raccogliendo fondi per il loro viaggio su Indegogo, bel sito per il crowd funding, dato che i produttori non sganciano una lira e Paolo Muran, il nostro regista con Nicola Pittarello, ha già speso una fortuna per seguire un pazzo che con una barca a remi va da Londra ad Istanbul.

Anna Sandrini è Italiana e Leon Greco Argentino: continueranno il lavoro duro ed importante di Paolo, Nicola, Fine e Bruno. Senza immagini il documentario non si fa e da solo è molto, molto dura. Aiutateci se potete. Cliccando qui si raccolgono le donazioni : ogni piccola somma è importante. Vi ringrazio in anticipo.

Ora sto programmando la partenza da Budapest, che dovrebbe essere verso metà Aprile. Abbiamo anche una opzione interessante. Ospitare a bordo un’altro pazzo (se no i xe mati no li volemo): James Thomas, si sta facendo un giretto a piedi di 12.000 miglia dalla Scozia alla Nuova Zelanda, con un bel passeggino per portarsi i bagagli.

Sono venuto a conoscenza di James attraverso Holger, che era salito a bordo con noi sul Meno e pare stia raccogliendo tutti i fuori di testa che gli passano sotto casa, ad Hanau.

James segue quasi tutto il mio stesso itinerario lungo il Danubio, quindi gli ho offerto un passaggio. Vedremo.

Clodia è la, nel piazzale di una fabbrica a Dunakeszi, da Laszlo. Sola e penso a lei ogni giorno. Chissa come la ritroverò? Acqua dentro, danni dal ghiaccio, muffe, topolini in cerca di casa? A tutto ci sarà rimedio. Olio di lino e di gomito per qualche giorno e poi via.

E poi ancora Vienna, dove ho una promessa non mantenuta con Franz e tutti gli amici. Ma sono un nomade, e loro capiranno. Non so mai cosa ci sarà alla prossima ansa del fiume.


Be water

Giacomo

 

 

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5 Responses to “Un lungo, veloce inverno.”

  1. mariobios scrive:

    Ben ritrovato Giacomo,leggo con rinovellato ardore!
    Un abbraccio da me e Gil.
    Mario

  2. maurizio vallebona scrive:

    ben tornato giacomo… gia mimancavano i tuoi racconti.

    ” un altro mondo ,non solo è possibile ma , aggiungerei lunica speranza…

  3. giacomo scrive:

    Grazie Mario e Gil, e grazie Maurizio.
    Ci vedremo sul fiume?

    Un abbraccio

    Maurizio tante grazie del tuo regalo

    giacomo

  4. Marco scrive:

    Ciao Giacomo seguo sempre con invidia le tue “pazze” avventure, penso spesso a quei tre giorni trascorsi con Voi sul Danubio e spero di poter ripetere quella indimenticabile esperienza sia sotto un punto di vista umano ke paesaggistico. Un sincero e caloroso abbraccio e un saluto dal fiume Po che grazie all’immensità dell’acqua è direttamente collegato con qualsiasi luogo Tu ti trovi…..ciao Marco

  5. giacomo scrive:

    Grazie Marco, le tue vere e belle parole mi fanno molto piacere. Ti abbraccio forte e anche io mi ricordo con affetto quei giorni bellissimi.
    Ti aspetto ancora con Naike sul Danubio.
    Adesso il fiume è grande. In tutti i sensi.

    Un abbraccio

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