L’ira degli Dei – Da Ratisbona a Passau

Procediamo lenti ma sicuri: secondo i miei calcoli, rigorosamente non precisi, dovremmo essere a quasi 2.000 km dalla partenza dall’Inghilterra. Doppiamo i mille insomma, tra 70 km festeggeremo.

Ratisbona è troppo bella perché ve la descriva. Se potete andateci, non posso essere all’altezza della sua stessa essenza.

Va vista, vissuta sarebbe meglio, è speciale. Siamo nel Danubio ormai da 4 giorni di navigazione e più di 180 km. L’acqua è molto pulita, la corrente varia dai 2 ai 7 km orari.

Le sponde sono perlopiù arginate e ricoperte di pietrame, “rip-rap” dicono gli inglesi (mi istruisce Andrea che se ne intende), che impedisce al fiume di correre da solo e crearsi il suo corso, come vorrebbe. Triste a vedersi. Sopravvivono alcune spiaggette e lanche, sicuramente meglio del Reno e della maggior parte del Meno.

Ma la sensazione di trovarsi in un grande canale, seppure bellissimo a tratti, è dominante.

Siamo partiti tre giorni fa da Ratisbona con Andrea Goltara, general manager del CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale) che è divenuto uno dei Men on the River. Ovvio che la mole di informazioni che ci ha dato meriterebbe più spazio.

La giornata della partenza, il 28 agosto, non prometteva nulla di buono, sebbene il vento fosse favorevole. Passiamo a tutta birra il ponte di pietra e dopo qualche km a vela il vento gira. Sul naso!

Passiamo il Vahlalla, incongruente follia di Ludwig I: un tempio greco nelle foreste di Baviera. Non capita tutti i giorni direi. Ammiriamo molto di più la piccola casetta con orticello sulle sponde del fiume, sotto al “mostro” biancheggiante (uno dei grandi esempi di abusi edilizi della storia).

Ma cosa beveva, o fumava, o assumeva per via orale Ludwig? Da buon Vikingo quale sono, preferirei che il Vahlalla rimanesse una cosa a venire dopo una vita da guerriero, un sogno insomma, non una cosa dura, tridimensionale, enorme. Qui si è combattuto, si, per costruire tale opera monumentale, ma, contro natura. Il Vahlalla!? Una cagata pazzesca, direbbe Fantozzi.

Dopo di ciò gli dei, ovviamente, si scatenano: il vento aumenta e la pioggia inizia. E come sapete, su Clodia, quando piove… piove!

Nuvole nere, veloci e basse ci sfiorano la testa e per qualche km tiriamo bordi sofferti molto bagnati col vento che aumenta.

Andrea, girato il meandro boliniero, è grande ai remi. Dopo i 36 gradi del giorno prima siamo ora a 14. La sera si schiarisce e ci fermiamo prima della chiusa di Straubing. Il tramonto è bellissimo e ci sbafiamo lenticchie e riso in barca.

Il mattino dopo c’è il sole, ma il vento è sempre contrario. I 60 km del giorno prima non si sentono e la corrente finalmente ci aiuta. Argini e cemento, quanto contro natura, ancora. Come contro natura sono i muri che troviamo a Pfelling, fermandoci per sorseggiare una locale birra. Con grande fierezza, date le foto che troviamo nei locali, i cittadini, non paghi di aver costruito villette proprio sull’argine, si sono detti: “Ma perché non ci togliamo di mezzo i fastidi delle piene e ci facciamo un gran bel muro?”

Così facendo, hanno anche massacrato bellissime piante. A parte l’orrore che potrete giudicare, pensate che il fiume reclami prima o poi quel che dei microbi si sono ripresi? Forse si poteva evitare, o no? Andrea bolle e trattiene l’ira. Beate mi manda una bella frase di Brecht:Tutti vedono la violenza del fiume in piena, nessuno vede la violenza degli argini che lo costringono.

Forse non sappiamo che danni facciamo ad uno dei più ricchi ambienti per la vita? Senza le piene, le pianure muoiono e dobbiamo concimarle con porcherie varie. E i pesci? Poi gli argini crollano, e fanno disastri davvero.

E tutto questo per andare a vivere dove non si deve vivere. Se mi metto a prendere un caffè con un tavolino in una curva pericolosa ci sarà qualche probabilità di prendermi un tir sul coppino prima o poi… Che faccio? Mi costruisco un bel muro di protezione? O magari, meglio forse, accendo il cervello? Mah, e ci chiamiamo (da soli) Sapiens!!  Ha ragione Franny Armstrong, viviamo nella Age of Stupid.

Bene, dopo queste prediche da Catone il censore (chiedo venia) torniamo al viaggio. Il Danubio ha un’acqua bellissima, e fuma pure, è calda ancora mentre l’aria è fresca! Filiamo a 10 all’ora, anche a vela. Il vento inizia a essere propizio e percorriamo 45 km fino a Deggendorf, bel paesino con tante case colorate e, credo, capitale mondiale del tuning (quelle macchine taroccate con i pneumatici ribassati e che sanno di cattiveria, e tenera Short Penis Syndrome).

Tutti in piazza a farsi vedere i muscoli, è domenica. Siamo ospiti in un bel marina nel porto quasi invisibile, in curva. Dormo sotto una guazza notevole e al mattino non mi sveglio. Un locomotore diesel mi culla, a pochi metri da me, sulla ferrovia che porta al porto commerciale tra grandi navi caricate di merci, soprattutto cereali.

La giornata scorre via al sole, con bella corrente, dopo la confluenza con l’Isar, che ha velocizzato di brutto il bel Danubio verde, una delle aree protette e naturali, con una pianura ancora inondabile. Merce ormai rarissima in Europa.

A mezzogiorno e mezzo di fuochino ci fermiamo su un bello spiaggione di ciottoli per mangiare qualcosa. Carote locali, formaggi locali e pane locale. Arriva un signore e guarda Clodia. Poche parole di apprezzamento: Franz è un rematore e ama il fiume. Ci invita al club a Vilshofen, una decina di km a valle. Un club meraviglioso e modello, dove ci aspettano e ci faranno vedere di che pasta sono fatti. Stanno anche portando in giro una iniziativa per bloccare i tagli assurdi al Danubio per favorire una navigazione commerciale sempre più estesa.

Questo tratto, da Straubing a Passau è uno dei pochi tratti di Danubio in Germania a corrente libera, senza chiuse. E si vede. In bocca al lupo! Incontriamo un altro ferry a corrente (del fiume), due canoisti, famiglia e bambini che giocano. Un’atmosfera da sogno. Macchine trasportate da un ferry che va a corrente del fiume, senza inquinare.

Bello no? Sarà mica scemo il tipo, a me sembrava felice. Il Danubio è in mano ai soldi e da’ soldi. Alcuni, come Joseph, Mark e Matthias, si impegnano per mantenerlo pulito, sano, senza quei tagli che ci piacciono tanto.

La natura non sceglie mai la velocità, fa le cose per bene. E ama la varietà. Non i canali dritti e cementati. Il fiume deve girare, fare meandri, uscire dal suo letto, se no diventa inerte, come un uomo a letto per troppo tempo. Muore.

Il pomeriggio è trionfale. Il Danubio diventa un fiume tra le rocce, anzi tra rocciosi un tempo pericolosi per la navigazione, ma soprattutto bellissime valli verdi, conifere. Corriamo a vela. Scrivo un messaggio a Fine che ci deve raggiungere a Passau mentre Andrea rema: nessuno di noi vede avanti. Chissà perché una boa si trova nel fiume? Mistero. Verde poi. Il verde porta sfiga in barca! Un botto pazzesco.

Clodia non affonda: tanta paura, ma i danni sono trascurabili, solo qualche cicatrice in più. Clodia è una gran barca, io non buon pilota. Attento sempre. Poteva essere grave, un impatto a 12 km orari su una boa di ferro!!

Arriviamo al marina di Passau, c’è tutto! Birra e protezione. Celebriamo infrangendo la regola del cibo locale. Regola infranta più volte purtroppo, ma la fame vince.

Siamo quasi alla fine della Germania. Una Germania che ci ha regalato mille amici e tanta acqua. Bellezza e lavoro. Un grande e generoso paese. E che ci insegna molto: un paese che deve buttare giù i muri forse, per essere ancora più bello e sano. Ich liebe Deutschland. Ancora di più ora.

Oggi sono a Passau, meravigliosa città tra tre fiumi. Andrea è partito, sono solo in un caffè molto bello, buio. Sopra di me penzolano prosciutti Patanegra, la musica mi commuove con un tango di Gardel e il cibo è italiano. Le cose, le culture i cibi si mescolano. Ci sono più uomini che idee diceva Marcel Proust. A Passau tre fiumi, tre acque di tre colori diversi si mescolano. Non prima di conoscersi però. E il Danubio diventa sempre più grande. Mescolarsi conviene.

Varietas delectat, diceva mia nonna, che è  morta col sorriso, a 100 anni. E l’ospedale, la prima volta per lei, l’ha portata via. Ma era il suo momento.

A presto

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