Cuore di Luce

Partiamo sotto un sole pesante. Temporali in vista, troppo umido. Siamo partiti tardi da Zemun a causa dei giornalisti che attendevamo ma non sono venuti al club.

La fortezza vista dall’acqua è ancora più impressionante. Il Danubio grande. Navighiamo a remi senza problemi fino a Grocka dove gli dei mi dicono: “Trova un riparo e basta”. Vedo tra la vegetazione galleggiante sull’acqua il segno di un passaggio. Non trovo di meglio che un buco nella vegetazione, un antro che mi porta in un canale da favola, largo 4 metri e completamente ricoperto.

Tipo “Cuore di tenebra”.

Mi lego a due alberi e le zanzare mi azzannano a migliaia. Provo a rifuggire nel fiume ma un rafficone mi dice che sta per cominciare la rumba. Appena il tempo di montare la tenda ed inizia un temporale con i fiocchi. Tuoni e fulmini e alberi abbrustoliti. Paura, come sempre con i temporali sull’acqua. Ma sono stanco e dopo un po’ mi addormento.

Al mattino l’acqua fuma e sole la indora.

Quando riparto sono le 5:30 e vedo dopo pochi km un marina e un tipo con barbone e faccia simpatica che mi invita a fermarmi. Prendiamo un caffè su Clodia e una slibovitza al club. Siamo al glorioso Brodarski Klub Metalac di Smederevo.

Tito disse che la vela era uno sport capitalista. Ma per il BKM si faceva una eccezione. Sarà stato per le fabbriche di metallo.

Pele (non Pelé) ha 49 anni, capelli lunghi biondi, barba bianca. Un vikingo. Ha vissuto una vita intensa, luce ed ombra, e lui è ricco dentro ormai. Facciamo subito amicizia. Un giorno, una vita.

Jole (non so come si scriva esattamente) è il proprietario del ristorante, è istruttore di vela ed è forte. Conosce e comprende Pele e gli vuole bene.

Usciamo a vela con Clodia e loro la amano. Malgrado il poco vento risaliamo la corrente.

Arriviamo a Smederevo che ha un forte medioevale spettacolare, ma non sono qui per questo. Questo posto mi parla di come potrebbe essere il Danubio. Un paradiso per chi va in barca e vorrebbe star lontano dai fighetti del Mediterraneo. E conoscere un mondo ricco davvero, non per figura. Utilizzare la barca per conoscere e non per farsi ri-conoscere. E ci si diverte molto più.

Giornata molto alcolica, arrivano anche due televisioni a intervistarmi, una capitata lì per caso. Ma nulla è per caso nel nostro viaggio. O tutto? Dormo nella casa sull’acqua, una baita: un disordine pazzesco, solo candele.

Mi addormento in una reggia, una casa vera che si muove. Grazie Pele. Al mattino manca parte del pontile ma “Nema problema”: si arriva a terra comunque.

Si riparte e alla sera arriva un altro temporale. Mi rifugio in canale laterale segnalatomi dagli amici di Zemun. Altro incanto, Ivanovo. Da una delle baite galleggianti un vocio e mi dice qualcosa e io rispondo come sempre: “Doberdan Londona Istabul… Nema motor…” E parte l’invito. Andrija mi offre la cena e una birra sulla veranda, poi arriva un giornalista e si beve ancora, semplicemente amici in pochi minuti. Viene giù il diluvio.

Al mattino faccio colazione in un ristorantino abusivo da swamp del Mississippi. Nero, uno che se lo incontri di notte preghi, mi offre subito (alle 7) slibovitza che fa lui. È un duro, ne ha fatte nella vita. A volte male, chissà, ma è come me. E senza dire una parola di troppo parliamo e ci capiamo. Arrivano altri. Poche parole e sguardi mirati. Sono accettato.

Poi arriva Joska e mi porta da suo padre Joza che fa il contadino. Parla bene italiano, è simpaticissimo e intelligente. Lavora con il figlio 100 ettari. Mi regala della pancetta (slanina), salsiccia piccante (kubasiza) e cetrioli. Tutti fatti da lui. Sua moglie Veronica parla Italiano, Bulgaro e Rumeno. Qui è terra di emigrazione, ci sono 11 nazionalità.

Vado in municipio per un’intervista. Tutti scherzano e brindano con me. Joska arriva con un borsone pieno di mille bontà che mi saranno utilissime. Piango dalla gioia lasciandoli. Hvala. Ancora una volta una generosità che mi riempie il cuore e… la pancia. Io mi trasferisco qui, dai “cattivi” Serbi. I buoni nostrani ve li lascio volentieri.

Poi devo ripartire. Prossima sosta, da qualche altro “pazzo” che mi starà aspettando sulla via per le gole del Derdap. Ormai lo so. Navigo duramente contro vento e dopo un po’ vedo dietro di me un kayak. È Andy. Partito da Ingolstad, ha 24 anni e si commuove per la bellezza del Danubio. Gli offro da mangiare, poi sale a bordo ed arriva il vento

Vicino a Ram, uno dei punti più pericolosi a causa della Koshava, il vento da SE che può soffiare a 120 km/h, mi infilo in un canale laterale e vedo un pescatore a remi. Lo saluto. E lui in Italiano: “Buonasera io mi chiamo Libero”. Nooooo ma allora è un sogno. Ci dice di seguirlo e davvero il sogno si “immensa”.

Entro da uno stretto passaggio sotto gli alberi, che tocco, in un lago circondato da poche e ben fatte, in povertà, casette abusive. L’acqua è limpida. Pesci e rane.

Sua moglie non ama il Danubio ma lui si. Ed è subito festa. Maiali selvatici sulla strada, slibo e pivo, pesce, uova, insalata di porri e cetrioli e pomodori. Sotto la pioggia che non bagna. Poi aiuto Slobodan / Libero a mettere le reti, prima di dormire un po’ e ripartire.

Sono senza parole ma le devo usare per raccontarvi una vita che è un viaggio fatto di mille vite, fatte di mille viaggi nei viaggi. Senza sosta.

Vi racconto ancora di Ram e del suo castello pazzesco, dell’entrata nelle gole più grandi e belle d’Europa, della Romania che già mi aspetta dall’altra parte e di Golubac dove sono ormeggiato nel marina di un distributore. È gratis. E la musica del ristorantino è di tutto il mondo. Ma bella.

Il Danubio qui è largo 5 km. Il paradiso della vela. C’è sempre vento. E il castello, un altro, è spettacolare. Qui iniziano davvero le gole. Qui può essere duro navigare.

Vivi un sogno e vivilo da sveglio che è meglio.

A presto.

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