Eccoci qua. Dopo dieci anni torno a scrivere, a raccontare.

Sono stati dieci anni intensi, pieni di viaggi, di attività, di esperienze. Dieci anni fatti anche di silenzi e di perdite. Un periodo che mi ha portato a vivere in Norvegia, soprattutto nell’Artico, e nelle Alpi, in quei luoghi dove l’acqua è ancora presente, viva, libera, non disturbata troppo come lo è diventata quasi ovunque.

Ora, con i ragazzi di Eden Exit e con altri amici, abbiamo deciso di ripartire. Di ricominciare esattamente da dove tutto era cominciato: dai fiumi italiani. Era il 2008 quando, con un viaggio chiamato Un altro Po, risalimmo il grande fiume partendo da Venezia, spingendoci fin dove l’acqua e le condizioni ce lo permettevano. E ritornammo a Venezia. 1002 km di acque dolci, salate e salmastre
Navigavamo su una barca costruita da Roland Poltock, grande amico e maestro d’ascia che purtroppo oggi non c’è più, e che – chissà – forse ancora naviga su qualche corrente. Era la barca che Roland aveva costruito insieme a Silvio Lago, Niccolò Zen gli alberi e Michael Kierkegaard i remi e, Attilia Cometti le vele,e, in piccolissima parte, anche io. Ora si trova al Museo Koç di Istanbul, dove centinaia di migliaia di persone l’hanno vista. E forse, almeno alcune di loro, hanno intuito ciò che quel viaggio voleva raccontare.

Oggi ripartiamo da quella memoria. Da quella rete di vie d’acqua che collegano Torino a Trieste. E lo faremo ancora con una barca: la stessa che ci ha portati da Londra a Istanbul. (continua…)

 

Sempre in viaggio

Palermo è sontuosa e oscena. Palermo è come Nuova Delhi, con le reggie favolose dei maharajà e i corpi agonizzanti dei paria ai margini dei viali. Palermo è come Il Cairo, con la selva dei grattacieli e giardini in mezzo ai quali si insinuano putridi geroglifici di baracche. Palermo è come tutte le capitali di quei popoli che non riuscirono mai ad essere nazioni. (continua…)

 

Hola cari amici, que tal?

Vi scrivo da Port de Pollença, una baia meravigliosa nell’isola di Mallorca.

Sono qui per restaurare Memphis of Dartmouth, un vecchio ketch del 1928 che sarà parte del prossimo progetto al quale sto lavorando con alcuni amici. Marcel Dolega, Alena Zima, Nicola Zago, Volker Saul, e Joanna Bark.

Il progetto si chiama Be Water.

Sono impegnato con Phil, un amico generoso che mi sta dando grande aiuto e dal quale imparo molto, a rimettere in sesto la barca per poi navigare verso Londra, risalendo il Rodano ed i canali francesi, nella tarda primavera del 2013. (continua…)

 

Buon Natale e Buon Anno!

 

Ultimo passo, primo passo

Ce l’ho fatta! Ce l’abbiamo fatta!! Clodia, tutti coloro che hanno dato a questo viaggio, di passione ed acqua, ed io. Siamo arrivati a Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul.

Sono passati più di due anni dalla partenza. Dal primo lampo dell’idea, dal sogno ad occhi aperti, guardando con rispetto ed apprensione ogni piccolo corso d’acqua in difficoltà. Dai mille viaggi in treno, bicicletta, a piedi. Le notti insonni a lavorare con Pati de Ross, grande amica. Le scarpe consumate. I mille no delle persone che non potevano o non volevano aiutare, le delusioni, gli abbracci, gli angeli che mi hanno aiutato subito ed incondizionatamente, il disinteresse e l’amore, la generosità, ed i miei molti errori. Tutto è stato magnifico e parte di un vero progetto.

Ricordo la partenza, con Jacopo, e Massimo Di Nonno, che fotografava, e Nicola Pittarello che filmava, nel vento gelido del Tamigi. Le notti sotto zero dell’Inghilterra, i 20 giorni di vento a 40 nodi, dritti dall’artico, la pioggia orizzontale, il fuoco dello Shipwright’s Arms per asciugare i vestiti bagnati, la malattia, i quattro mesi tra ospedale e letto, il Danubio ghiacciato. Il secondo stop non programmato.

E poi le 346 chiuse passate, i 18 acquedotti, remando sospeso o veleggiando a 30 metri d’altezza, gli 8 tunnel, i 2000 e passa ponti e 5401 km di gioia, sofferenza, vento e sopratutto acqua, sotto sopra e a volte dentro Clodia. A vela e tanto a remi. E non mollare. Fino in fondo. Ma dove è il fondo?? (continua…)

 

L’io del vagabondo

In ogni viaggio come in ogni vita esiste un luogo nel quale ci si ferma piu a lungo del previsto, del voluto. Piacevole o meno.

Sozopol mi ha tenuto per 20 giorni. E se fosse stato per me ci sarei rimasto ancora: sono stato felice. A Sozopol c’è qualcosa di magico, in quel promontorio roccioso.

A parte tutti gli incontri piacevoli ed interessanti avvenuti durante il festival mi sono trovato ad affrontare una serie di depressioni veloci ma potenti che creavano un’onda potenzialmente pericolosa per Clodia che non è costruita per affrontare mare grosso. Le pause tra le due perturbazioni non erano sufficienti a calmare il moto ondoso e quindi non potevo partire.

Nel frattempo il tempo scorreva. Ad Istanbul mi aspettavano ed io che in fondo ero arrivato sul Mar Nero a luglio, mi sentivo un po’ male per non aver approfittato dei due mesi migliori per navigare. La responsabilità non era solo mia in quanto mi è stato gentilmente richiesto di attendere settembre per motivi di visibilità mediatica ed essendo il mio un progetto di comunicazione è chiaro che la scelta era dovuta.

L’attesa, l’arte della attesa sta diventando un’arte che frequento assai. E nella quale cerco di migliorarmi. (continua…)