Il nostro viaggio continua a ritmi velocemente lenti. La media che riusciamo a tenere è sui 30 km al giorno.

Ci eravamo lasciati a Cambrai, sul Canal De Saint Quentin: città bella e ricca di storia. Curiosamente qui nel 1508 fu formata, su iniziativa di Papa Giulio II, una lega tra le maggiori potenze del tempo contro Venezia, la mia città adottiva.

Troppi galli nel pollaio e la cosa si sciolse come neve al sole con ribaltoni degni di casa nostra.

Mentre i nostri compagni si rimettono in viaggio, Fine ed io ci fermiamo per aggiornare il sito, cosa veramente difficile ora data la scarsità di villaggi. Siamo d’accordo con Bruno, Francesco e Sandro che la sera li raggiungeremo appena prima del tunnel di Riqueval.

Un gentilissimo amico conosciuto la sera prima nel bel porto di Cambrai, quello dove Capitan Jean Luc ci aveva regalato l’ormeggio, ci accompagna in macchina dopo aver finito il suo lavoro in una pizzeria, ovviamente Italiana…

Si chiama Julien Debut e a lui vanno i nostri ringraziamenti più sentiti.

In questi giorni percorriamo ben due tunnel tra i quali appunto quello il Suterrain de Riqueval, lungo 5.671 metri, che ci lascia senza fiato. Un rimorchiatore elettrico a catena (con i cavi sospesi come il tram) detto “Toeur” traina un convoglio di sei barche, noi per ultimi. Questo è uno dei due tunnel fluviali francesi che utilizzano questo sistema: l’altro è quello di Mauvages sul canale che porta dalla Marna al Reno.

Roccia, mattoni, un lavoro immane per superare una collinetta. Napoleone nel 1801 lo volle costruire e nei dieci anni successivi migliaia di disperati lo scavarono quasi a mano. Si vedono ancora i colpi di scalpello e piccone. In questo video potete ripercorrere con noi il tunnel.

Dentro è freddo, il tragitto dura circa due ore: Bruno ed io su Clodia ci buttiamo sotto una vela e dormiamo quasi fino all’uscita.

La sera arriviamo a Saint Quentin, dominata dall’imponente e altera cattedrale: bella città. Nel piccolo e bel Marina, a differenza di quanto accaduto in Inghilterra e a Cambrai, un capitano poco generoso non ci aiuta per niente, ma così va il mondo.

Il giorno dopo Francesco e Sandro ci lasciano per fare ritorno a casa dopo la loro avventura a bordo.

Francesco si dirige verso Plymouth, in Inghilterra, dove attualmente vive, mentre Sandro è pronto a percorrere nuovamente i campi e le calli della nostra amata Venezia.

Sono stati compagni meravigliosi e non è facile esserlo data la spartana vita che conduciamo. Così rimaniamo a remare in due, come da copione.

Procediamo per circa 35 km in 10 ore, fino a Fargniers, dandoci il cambio ogni due ore, con un vento contrario ma debole. Entriamo nel Canal de la Sambre à l’Oise. Dormiamo lungo le sponde, prima della chiusa, e troviamo anche qui nuovi amici: due simpatici Olandesi, che non parlano inglese ma vedendoci provati ci offrono dell’ottima birra.
Il giorno dopo il vento aumenta e riusciamo a percorrere solo 22 km.

Soffriamo, trainiamo la barca dalla sponda con una cima, ma finalmente imbocchiamo il canale dall’Oise all’Aisne. I canali francesi sono veramente tanti! Se volete farvene un’idea qui trovate la lista completa.

Il vento cala perché ora è di traverso e quindi ci arriva molto indebolito grazie alla provvidenziale schermatura gentilmente offerta dagli alberi.

Attraversiamo il primo ponte sospeso sul fiume, o meglio il primo “canale sospeso”: navighiamo a 15 metri sopra l’Ailette! Poi via fino a Guny dove dormiamo in una bella area dedicata ai naviganti con scivolo di alaggio, bitte, etc. Un esempio da seguire. La notte è fredda e ventosa, con poca pioggia. Al mattino visitiamo la boulangerie del paese per un croissant e una baguette, dobbiamo far onore alle tradizioni locali…

Una bella cattedrale sperduta nel nulla, il municipio una scuola con ingressi rigorosamente separati tra maschi e femmine e tanto silenzio. Bellissimo!

Mi piace questo paesaggio di semplicità, natura selvaggia, colline, rade radure e poco rovinato dall’uomo.

Riprendiamo il viaggio con molto vento che passa sopra di noi, ma i nostri amici alberi ci forniscono una grande protezione. Silenzio. Alberi, uccelli e acqua. E Clodia che scivola.

Sono nulle le nostre possibilità di procurarci il cibo da contadini dato che semplicemente non ne troviamo. La foresta è pressoché ininterrotta e quando arriviamo la sera ci fermiamo per dormire.

Da Guny a remi (pochissima vela) e un’infinità di chiuse (siamo a più di 50 già superate) percorriamo circa 21 km per arrivare a Pargny-Filain, trovando anche qui una bella area di ormeggio con elettricità ed acqua. La sera, cercando un bar, vedo una scritta buffa: “Compagnie Isis”. Il mio istinto mi porta là, dove ci sono i “matti”, quelli belli, utili.

Ed infatti vediamo due tende da circo e scopriamo che alcuni ragazzi hanno fondato da 15 anni una compagnia di arte circense.

C’è anche una compagnia cambogiana che sta per partire. La sera ci invitano a mangiare con loro crepes saporite nella loro casa dai vecchi muri, appartenuta ad un nonno filantropo e ad una madre attrice.
I due giovani figli e i loro amanti e mariti, insieme ad alcuni amici svedesi, hanno dato vita a questo piccolo grande sogno.

Stiamo bene e parliamo di futuro davanti ad un grande camino acceso (qui di sera fa ancora freddo) e bella musica. Stasera andiamo con loro ad uno spettacolo e presto vi racconteremo di più.

Siamo a 58 km da Reims, capitale dello Champagne. La fatica si sente ora, ma siamo molto carichi.

Un abbraccio. Giacomo

 

Da Arques a Cambrai

Eccomi di nuovo a bordo.

La tappa da Arques a Bethune è stata completata da Bruno e Francesco Cappelletti, il nostro ospite. Fine era al loro seguito alla guida di Serena, la barca di appoggio che per il momento ci segue a breve distanza.

Bruno e Fine si stanno impegnando al massimo. Lui è uno skipper straordinario che conosce tutti i segreti della navigazione. Lei comanda Serena e si occupa di fare foto, del blog e di risolvere piccole emergenze.

A Bethune li ho raggiunti insieme a Sandro, un caro amico di Venezia che è diventato così il nostro secondo “marinaio per caso”!

Prima di arrivare, a Lille, avevamo intervistato i capi della VNF, la società che gestisce i canali francesi.

Partiamo da Bethune al mattino prestissimo in direzione di Douai: per dare il cambio a Bruno e Francesco, decido di mettermi ai remi con Sandro, e ci accolliamo una vogata di 41 km, con la pioggia e quasi sempre controvento! Una tappa veramente durissima che ci regala però grande felicità.

 

Passiamo la notte tutti insieme in un bellissimo Marina prima di Douai, situato in un lago artificiale e contornato da platani secolari. Qui, per caso (tra navigatori il mondo è piccolo…) incontriamo degli inglesi, amici di alcune persone che avevamo conosciuto a Londra.

Il giorno seguente è un volare nel vento per ore, con Francesco al timone e Sandro con lui su Clodia.

Il “Grand Gabarit”, il canale che porta da Bethune a Douai, è abbastanza sporco, con molti pesci morti e tanto traffico commerciale che genera onde fastidiose. Fine e Bruno raccolgono due sacchi di rifiuti: d’ora innanzi cercheremo sempre di portare il nostro contributo. Grazie a loro per la bella idea, tanto semplice ed efficace.

Dopo un altra tirata di 40 km ci fermiamo a dormire ad Etrun, in prossimità dell’accesso al canale di Saint Quentin, in un bacino dorato con luce quasi mediterranea. All’arrivo, ritroviamo i nostri nuovi amici inglesi pronti ad offrirci birra e vino a volontà. Una notte insieme a mangiare il riso preparato da Sandro, in cinque in una barca di poco più di cinque metri: siamo uniti e felici.

La notte è fredda: ci risvegliamo nella nebbia, che poi si dirada. In partenza, all’imbocco del canale di Saint Quentin, Serena si incaglia e Clodia le accorre in aiuto. Fortunatamente Bruno, con un lunga cima portata a riva, risolve tutto.

Il Canal de Saint Quentin è meraviglioso. Ci sono più chiuse che chilometri, ma organizzate in modo stupendo. Tutto veloce: vorrei che anche da noi fosse così facile, per invitare le persone a viaggiare.

A Cambrai il Capitano Jean Luc, direttore del “Port de Plaisance” ci omaggia del prezzo dell’ormeggio dopo che ha ascoltato la nostra storia. Ogni volta che succede mi commuovo. Grazie Capitano!

Tutti ci fermano e vogliono navigare con noi. Nel porto di Cambrai, all’ombra dei platani, porto a bordo sei bambini scatenati. Douce France davvero.

Domani si riparte verso il famigerato “Souterrain de Riqueval”, lungo ben 5670 mt e non ventilato.

Così per attraversare c’è un rimorchiatore elettrico e soli due passaggi al giorno: uno alle 9 e uno alle 17. I miei attuali compagni sono fantastici in una situazione non facile.

Abbiamo percorso 170 km in quattro giorni di navigazione nei canali, ben poco a vela.

A presto. Giacomo

 

I fuori orario da Jasmine Lane

Viaggio di una bottiglia

“Dear Sir,

Today monday 16 may we found a bottle on the beach with a letter.

We found it, during a evening walk with our dog, at the beach of Dishoek near Vlissingen in Holland. We already visited the website Man on the River and we wish this project a lot of luck. Also thanks for the t-shirt offer.

Good luck, Anita en Ton Pas”

Questa è l’e-mail che riceviamo il16 Maggio, alle 23,15. Chiediamo lumi a Giacomo e veniamo a sapere che a metà della traversata della Manica ha infilato la classica lettera nella bottiglia e l’ha gettata a mare, nella speranza che qualcuno la ritrovasse. Se volete scoprire cosa c’era scritto guardate i video qui sotto.

Più in basso trovate anche la mappa del viaggio “alternativo” del sorprendente “Message in a bottle” e qui a fianco le foto del luogo di ritrovamento e di Anita e Ton!

 

Da Gravelines ad Arques – Douce France

Dopo Gravelines siamo arrivati ad Arques.

Questo passaggio nel Nord Pas de Calais è stato un viaggiare sul primo fiume di Francia in ordine alfabetico, l’Aa. E la prima difficoltà è stata superata grazie all’aiuto di David e Maurice e della Base Nautica Jean Binard di Gravelines.

In breve, per una incomprensione con il “chiusaro”, avevo capito che la chiusa che dal porto di Gravelines porta all’Aa aprisse con l’alta marea. Soprallughi, parole e viaggi e tutto sembrava ok. Poi scopriamo poco prima della partenza che la marea non era sufficiente per passare, forse addirittura per una settimana. E tutto questo per fare solo pochi metri!

Altri giri, richieste di aiuti, telefonate di Linda del porto, Mathieu già pronto a prestarci un carrello (ma mancava la macchina), fino a che veniamo inviati alla Base Nautica Jean Binard e lì, da veri uomini di mare, si stabilisce subito un piano con David e Brigitte che ci danno appuntamento per il giorno dopo.

Grande esempio di solidarietà e gentilezza. Senza troppe parole e senza volere nulla in cambio ci hanno aiutati, come si fa tra gente seria. Il giorno dopo veleggiamo per due km fino alla fine del canale che il giorno prima avevamo percorso e con un trattore condotto da Maurice, un omone dalla faccia simpatica e di poche parole, veniamo trainati fuori dall’acqua e scortati addirittura dalla polizia (ringraziamo Stefan e Jean Claude) fino allo scivolo subito dopo la chiusa.

Nuova lezione appresa. Le maree sono sempre troppo importanti.

Paolo riprende i bellissimi carri a vela sulla immensa spiaggia di Fort Philippe. David ci racconta che nelle competizioni, con carri molto performanti si raggiungono i 110 Km all’ora di media e che il record di velocità è 237 Km/h!! Senza consumare un grammo di carburante, a parte i materiali dei carri.
Sembrano così belli da lontano, come farfalle che giocano a rincorrersi.

Grazie David e tutti i ragazzi della base nautica. Da li partiamo con a bordo Paolo, che al timone ci dirige e filma. I primi passaggi sotto due ponti chiusi sono proprio al pelo. Spesso lo faremo poi per evitare di aprire il ponte. Su Clodia alberare e disalberare è questione di secondi.

A remi e vela attraversiamo un paesaggio dolcissimo, ricco di uccelli di tutti i tipi e sopratutto di anatre con i loro pulcini al seguito che scappano avanti a noi, spesso lasciando un pulcino solitario a pigolare impaurito. Il paesaggio è curato, l’acqua sembra pulita con molte ninfee lungo le rive. Un pescatore ha appena preso proprio davanti a noi un pesce di un paio di chili. Sembra un luccioperca.

All’incrocio con il canale da Dunkerque a Watten incrociamo le prime Peniche, le grandi chiatte che a buona velocità sollevano onde non pericolose ma fastidiose che rimbalzano di sponda in sponda. Veniamo rallentati.

Dopo 8 ore arriviamo ad Arques dove ci aspetta la barca appoggio ed un porticciolo idilliaco, in un’ansa del canale che si apre su un canale secondario e tanto verde intorno. Magari fossero così i nostri marina. Silenzio e pace.

Ci accolgono Pierre e Jannique, molto gentili. Pierre ha 60 anni ma ne dimostra 40, insegna Qi Gong, ed ha attraversato la Manica in pedalò e percorso i canali da Arques a Parigi su un Velo Surf, una specie di bicicletta d’acqua. Si sta bene qui.

La civiltà delle acque è meravigliosa. Barche e canali che portano ovunque, potremmo andare in Danimarca, a Mosca, in Germania, sempre sull’acqua, senza andare a terra.

A Saint Omer, dopo che cerchiamo aiuto in varie agenzie per tornare a Venezia per le mie visite entriamo nell’Aquatour e troviamo due angeli, Edwige e Fatima, che non solo ci aiutano per i biglietti con grande gentilezza (noi carichi come muli di videocamere e cavalletti e borsoni) ma addirittura ci danno un passaggio in macchina alla stazione ferroviaria di Saint Omer. Che è bellissima vi assicuro, con tutti i canali ed i laghi intorno.

Edwige e Fatima tre giorni dopo ci fanno anche un’altra sorpresa, regalandoci i biglietti per il ritorno da Venezia a Saint Omer! Grazie!

Abbiamo poi fatto una scappata a Lille, bellissima città delle Fiandre, dove abbiamo incontrato i gentili rappresentanti della VNF la compagnia potentissima che gestisce tutta la rete della navigazione fluviale in Francia. Cosa molto seria qui, che fa girare una economia mica da ridere. Ve ne scriverò ancora.

Bruno sta bene, è molto forte e mi sembra felice.

Arriva Francesco Cappelletti, il nostro primo ospite (si è prenotato attraverso questo sito) ora e saremo in 4 dato che anche Josephine ritornerà con noi sulla sua Serena, la barca appoggio.

 

Un ringraziamento particolare a Malcolm di Gravelines per i meravigliosi e buonissimi regali che ci ha fatto, tra i quali la birra Jean Bart, come il vascello che si sta costruendo.

Qualche giorno di riposo per le mie visite mediche e si riparte per Bethune.

A presto

Navigare necesse est

 

Da Ramsgate a Gravelines – La Manica!

Ce l’abbiamo fatta!!

La Manica non è solo “una traversata”: per farla ci sono voluti tanti viaggi, tanti amici e tanto impegno. E fortuna.

Ho pensato a tutti coloro che lavorando hanno perso la vita in queste acque fredde e non facili, anche nelle migliori condizioni, come quelle che noi abbiamo trovato.

Le correnti, i fondali che influiscono sulle correnti, le secche, le grandi navi. Insomma, c’è da pensarci bene. Senza l’appoggio di Chalky, un amico marinaio, che ci ha accompagnato con la sua barca di supporto (richiesta dalle autorità per una barca senza motore come la nostra) non saremmo riusciti ad attraversare.

Ecco il racconto della nostra giornata: partiamo alle 6 dopo una notte di pioggia che non prometteva bene. Chalky al mattino alle 5 ci offre un buon caffè.

Usciamo dal porto a remi con un sole meraviglioso, con Paolo che ci filma dal molo alto. Issiamo le vele quasi subito.

Per attraversare ortogonalmente le linee commerciali, Chalky ci chiede di trainarci perché il vento non è favorevole e lui vuole arrivare a Gravelines entro le 4:30 per l’altamarea. Non possiamo, vista la sua estrema cortesia, rifiutare, anche se va contro i nostri principi. Ce l’avremmo fatta tranquillamente da soli ma non con i 90° gradi richiesti dai regolamenti.

E’ necessario togliersi al più presto di mezzo dalla rotta di questi giganti del mare che per arrestarsi hanno bisogno di varie miglia, quindi sappiamo che si deve passare in fretta.

Passate le linee commerciali il vento cala. A remi, con Bruno e il suo potere verde, facciamo un paio di miglia e poi, proprio quando la corrente contraria è quasi a 2,5 nodi (cioè più veloce di noi) il vento si alza e si stabilizza sui 12-16 nodi.

Navighiamo per ore grazie alla forza del venti: la giornata è splendida e anche se il mare è abbastanza mosso Clodia non sembra curarsene molto e corre veloce tra i flutti.

Le ultime 12 miglia sono entusiasmanti e voliamo sulle onde formate dalle correnti e dai cambi di fondale e dal vento che aumenta, raggiungendo anche 6,3 nodi quando la corrente è nulla.

Entriamo nel canale di Grand Fort Philippe alle 16 ora locale, dopo 9 ore di navigazione per coprire le 35 miglia che ci separano da Ramsgate. Nessun incidente, solo un piccolo spavento per il picco che si solleva su un’onda particolarmente ripida e scavalca la punta dell’albero. Riesco a tirare giù la randa e mollare tutta l’inferitura per poi rifarla subito dopo la “riparazione”. Poteva essere molto pericoloso.

L’accesso al canale verso Gravelines è un po tormentato ma entriamo bene. Risaliamo poi le 3 miglia a vela ed ormeggiamo nella bellissima Marina. Fantastico!

Gravelines ci accoglie con la sua tranquillità e bellezza. Il forte di Vauban è molto bello.

Abbiamo anche scoperto un vascello di 57 metri, replica dell’originale del ’700, in costruzione. Impressionante! Qui potete trovare maggiori informazioni.

Grazie a tutti voi per l’aiuto, siete stati sempre con noi. Un pensiero speciale a Roland, Silvio e Jacopo, che sarebbe dovuto essere a bordo.

Tra poco partiamo per Saint Omer. Un abbraccio felice.

Giacomo e Bruno

 

Traversata compiuta!

Arrivati! Leggi il racconto della traversata da Ramsgate (UK) a Gravelines (Francia) attraverso la Manica.

16.00 – ARRIVATI Giacomo, Bruno e Clodia hanno appena raggiunto le coste francesi nei pressi di Grand Fort Philippe (Gravelines).
Il primo commento a caldo di Giacomo: “L’emozione è grande, è stata una fantastica veleggiata per tutto il giorno, molto meno problematica di quanto potevamo attenderci e sotto un magnifico sole. Siamo un po’ stanchi dopo 9 ore di viaggio e 35 miglia nautiche percorse, ma la vista dei campanili di Gravelines ci fa scordare tutte le fatiche! Questa notte attraccheremo al porticciolo di Grand Fort Philippe, un castello del 16° secolo, ma domani saremo di nuovo in viaggio per raggiungere Saint Omer.”
Un grande ringraziamento da Giacomo, Bruno e tutto il team a tutti coloro che hanno finora supportato Man on the River.

14.27 – 7 miglia nautiche a Gravelines (circa 13 km). Soleggiato, navigazione a 4 nodi nonostante una corrente contraria di 1.3 nodi.

13.02 – 11 miglia nautiche a Gravelines (circa 20 km). Ancora sole, navigazione a 3 nodi nonostante una corrente contraria di 2 nodi.

11.07 – Arrivati a metà traversata. Soleggiato, con poco vento. Tutto bene finora

6.45 - Clodia ha lasciato Ramsgate, 3 nodi di velocità, vento debole.

 

 

Da Faversham a Ramsgate

Siamo a Ramsgate di nuovo, dopo un anno. Che emozione!

Qui per poco ci lasciavo le penne: ho reincontrato Pat Corby che mi ha letteralmente salvato la vita caricandomi di peso in macchina e rispedendomi in Italia. Il suo caffè che serve dolci fatti in casa ha nel frattempo vinto un premio.

Ieri abbiamo portato qui Clodia con un carrello grazie ad Alastair, che da buon velista si è fatto in quattro per aiutarci. Volevo percorrere il fiume Stour che da Canterbury arriva fino a Sandwich, ma poi, memore dell’anno scorso, e considerando il meteo non proprio favorevole per i venti da NE a 35 nodi e passa, che ci saremmo trovati sul naso, ho deciso di ritornare dove l’anno scorso avevo abbandonato il viaggio.

La notte in barca è stata movimentata ma abbiamo dormito bene e il cibo angelico che Alex ci ha preparato e le sue magie ci hanno mantenuto in salute.

Clodia è felice. A secco di vele, nel porto di Ramsgate con le onde che a volte superavano con gli spruzzi il molo foraneo (alto almeno 8 metri!!), navigavamo a circa 3 nodi.

La settimana passata ci ha fatto (e non è, ormai, una novità) incontrare caratteri e persone un po’ al di fuori della norma.

Margy e Noel hanno ospitato Fina e Bruno (e in parte anche me) in una casa meravigliosa e ricca di calore umano. Avevano una galleria d’arte a Londra ed hanno mantenuto la loro curiosità e una straordinaria capacità di mettere insieme persone ricche di talento e creatività.

Abbiamo conosciuto i ragazzi di Abbey Physic Community Garden, una associazione che cura un orto bellissimo dove tutti possono creare e coltivare utilizzando anche metodologie come la permacultura, che in particolare rispetta la natura e non necessita di fertilizzanti o antiparassitari.

Una sera a cena da Margy e Noel, e prima ancora nel suo laboratorio, abbiamo conosciuto Henry Dagg, ex ingegnere del suono alla BBC, compositore e creatore di strumenti musicali, incredibilmente inusuali e poetici. Un genio della musica che suona lo Sharpsicord (tra poco protagonista in un concerto di Bijork a Manchester).

Già entrando a casa sua, vedendo la cancellata, interamente costruita da lui, e che si può… suonare, si intuisce la sua genialità musicale applicata nelle cose più semplici della vita. Ho avuto l’onore di vedere in funzione lo Shapsicord ed altre macchine strumenti di Henry. Le vedrete quando monterò il video che ho girato. Portate pazienza ma come sempre il viaggio è intenso e il tempo poco.

Ho conosciuto Alastair ed Elisabetta, due amici che vivono in una casa meravigliosa del 1500 a Boughton, a pochi km da Faversham e che mi hanno poi aiutato a trasportare la barca a Ramsgate, un grande regalo. A malincuore infatti ho deciso di ripartire da Ramsgate dopo la partenza da Faversham domenica 1 maggio dallo Standard Quay.

Il solito vento da NE a 30 nodi e passa rischiava di bloccarci per una settimana. E qui quando si perde la finestra giusta si aspetta un’altra settimana almeno.

Prima di partire Lena ci ha regalato un bellissimo riscaldatore di cibo ad alcol che ci aiuta a resistere molto meglio. La notte passata siamo scesi vicini allo zero ma finalmente il vento è calato.

La Manica ieri faceva ancora paura, specialmente sulle Goodwin Sands, davanti a Ramsgate dove ieri vedevo strane scogliere come quelle di Dover e mi dicevo “ma la Francia ha una costa bassa” poi mi sono reso conto che erano i frangenti, abbastanza imponenti direi. Brividi lungo la schiena.

In serata siamo stati invitati a bordo da Silvia, un’argentina che vive in Australia e Glyna, australiano di origine gallese. Come sempre i cuori si aprono e le nostre comuni vite sull’acqua ci hanno fatto passare bei momenti insieme.

Bruno scalpita per partire e lo capisco bene. Anche io vorrei andare. Oggi il vento è sui 10-15 nodi e il tempo è ottimo, ma siamo in attesa di Paolo, il produttore (e regista con Nicola Pittarello) del documentario che vuole filmare la nostra partenza. L’anno scorso il suo aiuto è stato grande e anche quest’anno, malgrado la carenza ormai cronica di fondi dei broadcasters che spesso finanziano progetti a mio parere solo d’immagine e non per un fine concreto, ha deciso di seguirci perché crede in noi. Grazie ancora Paolo.

Speriamo che sia la volta buona per questa minchia di Manica (per dirla con Cirri e Solibello di Caterpillar con i quali ci siamo da poco collegati).

Grazie ancora ad Alex, Lena, Bob, Alaister, Elisabetta, Frog, Moray, Simon, Tony Boughton e Alan dell’Iron Wharf BoatYard, che ci ha ospitato con generosità. E tutti i ragazzi dell’Abbey Physic Community Garden. Se passate per l’estuario del Tamigi non potete mancare Faversham. E’ piena di Angeli.

Un abbraccio a tutti.

Giacomo



Su Riverside Stories
Scopri il racconto di Fine sul Physic Community Garden a Faversham e sul Royal Wedding.

 

 

 

 
 

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