
Molliamo gli ormeggi da Wertheim nella mattinata del 20 luglio, con un equipaggio fresco di giornata composto da me, Paolo, Massimo e Holger. Piove e tira un venticello non male: uscire dal piccolo fiume Tauber, dove la barca è ormeggiata, non è facile. Poi però nel Meno il vento è a favore e si fila con due mani di terzaroli.
Ancora questo fiume mi stupisce: valli scoscese e castelli, foreste di conifere, sembra di essere nelle Alpi. La giornata si alterna con vento a favore o contrario a seconda dei meandri, poi quando scende la sera ci fermiamo in un piccolo borgo che si chiama Urphar, dove ormeggiamo ad un pontile davanti ad un camping
Molliamo l’ancora verso il centro fiume in modo da tenerci staccati dal pontile stesso, dato che le onde delle navi che passano di notte potrebbero farci sbattere.

Holger ed io andiamo verso un Garni che promette bene anche se i locali ci dicono che è chiuso. Beh, proviamoci! Troviamo una porta aperta. Silenzio.
Entriamo: nel locale le luci sono basse e c’è un uomo seduto su una panca, attorniato da tavoli in legno apparecchiati. Holger chiede se è possibile avere due birre: “Nein… Geschlossen… Montag…” (No, chiuso, è lunedì).
Lo ringrazio comunque e Holger fa lo stesso, raccontandogli quello che stiamo facendo. L’espressione dell’uomo cambia: tace per un istante poi ci invita a sederci.
Arriva poco dopo con due grandi Weissbier, e ci dice che offre lui. E una parola mi colpisce: battendomi la mano sulla spalla mi dice “respekt”, e i suoi occhi brillano!
Grazie Volkmar, questo è il suo nome, quel tuo “respekt” e quello sguardo mi hanno ricompensato in un istante di tutti i no, di tutti quelli che hanno riso di me, che hanno già deciso per il no. E che sono, forse non lo sapranno mai, quelli che mi hanno dato la spinta per partire, per fare questo viaggio.
Devo ringraziare i no, i disfattisti, i razzisti, i preoccupati, i distruttivi, gli egoisti, perchè è per loro che questo accade, per trasformare il loro sguardo dal di dentro, con attenzione e senza giudizi. Volkmar ci offre altre due birre e ci mostra la più grande chiocciola che abbia mai visto, africana, che sulla sua mano, con una eleganza rara, sembra volergli esprimere amore. Che lui ricambia.
Passiamo una notte tranquilla e il risveglio è fatato, con la nebbia sul fiume e le anitre che mi vengono intorno.

Volkmar e sua moglie ci offrono la colazione, a tutti e quattro, e ci regalano cibo e birre, Bettina ci regala birre e un altro signore sempre birre. Siamo in Baviera, la stiva è piena: di birre ovviamente! La birra è cibo dice Holger, non morirò di fame allora (o quantomeno morirò in allegria…)
Il consumo di birra in Baviera è il doppio della Germania, che è 3 volte quello dell’Italia. In Baviera si bevono circa 240 litri di birra all’anno, per persona. I dati li ho presi da un opuscolo ricevuto in una brasserie in Francia, a Saint Nicolas de Port e allora mi sembrava impossibile. Ora lo so, è possibile!
Ripartiamo dopo questa bella serata che sembra una vita. Chiusa dopo chiusa (immense) siamo a più di metà di questo fiume magico. A Marktheidenfeld ci aspetta un giornalista. Ci scatta molte foto, ma non ci chiede nulla. Scriverà un articolo bellissimo, grazie ad Holger credo, che gli passa un testo fatto dopo quattro giorni a bordo.

Vivere il fiume è completamente diverso che vederlo dalle sponde. Tutti i libri sui fiumi che ho letto, compreso l’immenso “Danubio” di Magris (che pure lo ha percorso in barca, anche se a motore) non riescono a comprendere l’essenza, la potenza, la purezza assoluta di questo essere complesso.
Non passa la cosa secondo me più importante: la vita. Tutto deriva da questi fiumi, il mare è fatto di fiumi, noi siamo nati lungo i fiumi. E lì finiamo prima o poi. Scrittori di tutto il mondo, imbarcatevi! Ma a remi, vela, pedali! Vi prego senza il motore che vi toglie quella meravigliosa cosa che è il sacrificio.
Se no non capirete. Siete al 70 per cento acqua e se non entrate in risonanza con lei… Nisba. Scriverete un fiume di parole ma non parlerete veramente del fiume. Anche io non ve ne sto parlando in fondo, perchè ancora devo farne di acqua!
Dopo un bel piatto di Spätzle (gnocchetti di pasta e varie cose) navighiamo verso Lohr Am Main. La corrente aumenta, io aumento i colpi, ma inevitabilmente rallento: tappa durissima.
Per 7 km mi traina Serena perchè non riesco ad andare avanti e sta per venire giù tanta acqua: devo stare attento alla mia salute. Mi mollo qualche chilometro prima di Lohr, antichissimo porto, dove i pescatori ancora esistono e dispongono le loro immense reti subito all’uscita delle chiuse, direttamente dal peschereccio.
Trovo vecchie foto dei cantieri, delle zattere che scendevano a valle, fatte di legname, e uomini che vivevano sul fiume, grazie al fiume. E i segni delle piene, scolpiti sulle case. A Lohr la prima sera cerchiamo un posto dove mangiare ma una sola luce brilla nel paese deserto, siamo arrivati tardi come sempre!

La luce sa di pizza ed è un bel ristorante italiano, l’unico aperto. Malgrado le nostre intenzioni di privilegiare i cibi locali, entriamo. Salvatore (un altro) ci accoglie e mangio un piatto di gnocchi alla bava straordinari. Grazie Salva!
A Lohr ci raggiunge anche Enrico, che sta viaggiando in bici da Glasgow fino in Ucraina e che si è prenotato attraverso il sito per trascorrere qualche giorno in barca con noi.
Ci racconta della sua vita spericolata, infanzia in Sicilia, Catania, poi Roma e Glasgow.
Il mattino dopo, su Clodia, incontro un uomo che sta su una sedia a rotelle con una donna forte che lo accompagna. Ha un cappello di capitano, si chiama Manne e vive su una barca. Mi dona una bandiera della Baviera e delle birre di Aschaffenburg, da dove viene. La sua storia è forte: colpito da un ictus anni fa, non rinuncia alla barca e fa costruire un sistema per essere issato e muoversi a bordo. Nei suoi occhi vedo la passione e l’ammirazione, la tristezza e la forza di chi riesce a vincerla. Se hai poco ti arrangi con poco. Ma Manne ha molto! Grazie al fiume.
Incontro anche Frank e Jessie che mi regalano Paula, un porcellino di gomma che grugnisce e che ora è a prua su Clodia, e che mi fa sorridere sempre. Grazie.
La corrente ora è veramente forte e faccio una fatica bestiale, si sente la mancanza di Bruno, anche in questo. Alla sera arriviamo a Wernfeld, dopo solo 12 km ma veramente sudati.
Il Meno è esondato, le banchine sono sott’acqua. Incontro Harim, che già mi aveva seguito con il suo kayak a Lohr, e la serata si svolge con un misto di pennette (regalo di Volkmar) al pomodoro preparate da Paolo e wurstel cucinati da Harim e Moni.
Siamo ormeggiati in un bellissimo marina, nel verde, solo disturbato dal passaggio continuo di treni, anche nella notte. Ma questo mi rende felice, meno camion sulle strade. Incontro anche Günther, che mi regala molto cibo ed Hermine e suo marito che vogliono che io accetti 20 euro. Grazie per questi regali. Fantastica Germania.
Al mattino di buon’ora cerchiamo di vincere la nostra pigrizia (e un po’ di sano terrore logico) per affrontare questa corrente che aumenta sempre.

All’uscita il gioco si fa subito duro. Esco dalla protezione del lago del marina e devo remare al massimo delle mie forze: ma sono fermo! Mi sposto e retrocedo, ma dall’altro lato del fiume la corrente molla un attimo, e, miracolo, arriva il vento. Il mio amico-nemico.
Ora è con me e sono felice, una forza della natura mi aiuta a combattere un’altra grande forza della natura. Vento contro corrente, con Clodia fatta per andare: e va, urca se va. La gente mi guarda allibita, è da folli navigare contro questa corrente che al centro raggiunge i 6 km orari, più forte della mia velocità a remi.
Ai lati trovo sempre un passaggio, tocco gli alberi, a volte mi traverso, giro, mi fermo e riparto. Una lotta di traiettorie, resistenza, attenzione, astuzia. L’arte della navigazione fluviale.
Konrad ne sarebbe felice. Con il motore è così facile e banale: mi diverto anche se sono esausto. Ore a vela e remi, remi e vela, mai un attimo di pausa.
Ed io non sono un bravo velista. Come dicevo, ci vorrebbe Bruno che è un mago di queste situazioni. Studiare l’acqua è fondamentale, anticipare le situazioni, gli ostacoli sommersi rivelati dal movimento differente dell’acqua, i tronchi semi sommersi e le pietre grandi.

Comunque, la tappa è gloriosa. Arrivo a Würzburg con tanto vento in un tratto dove il Meno, tra i vigneti è largo non più di 30 metri. La corrente, immane, fa onde che sono quasi delle rapide. Per fortuna c’è il vento, a remi sarebbe impossibile procedere!
L’ultimo ponte è una faticaccia, 10 minuti per 30 metri. Ma ecco Würzburg, con le sue cipolle, il suo Castello tra i vitigni. Würzburg è tra i vitigni! Mi giro dopo la chiusa e vedo un ponte con le statue (meraviglioso) e dietro uno sfondo verde.
Nel marina Hafen Bar ci accolgono Coony, Tom e Alwin. Ci mostrano la mezza pagina del Main Post con un articolo su di noi. Bellissima accoglienza, bellissimo luogo, in un’ansa protetta del Meno di fronte ad un isola per soli animali non umani. Questa notte c’è tanta musica! C’è una festa di laurea e a Würzburg vivono 30.000 studenti. Gran bella città, principesca. Oggi visitiamo la “Residenz” con gli affreschi di Giovan Battista Tiepolo.
Alex e Manuela dalla loro barca mi parlano e ci salutiamo, ci avevano aiutato a Lohr. Vecchi amici o quasi! La sera si accendono dei fuochi a bordo di una barca attrezzata con tavoli: il proprietario del marina, gentilissimo, ci invita oltre ad offrirci gratuitamente l’ormeggio ed i servizi. Un vero gentleman.
A Würzburg incontro l’oriente. Ho questa sensazione, anche se sono ancora lontanissimo. La chiesa sopra di noi sulla collina parla chiaro. Ma dove inizia l’oriente?
Andiamo a vedere! Un abbraccio.

Ecco quindi che se si vogliono dormire sonni tranquilli, la città non è l’ideale…
La sera, in attesa che Fine ci raggiunga (era a Francoforte per sistemare il suo portatile e sta arrivando qui in treno), con Bruno ci facciamo una bella bevuta di birra locale e parliamo di cose belle e progetti futuri. Insieme a Bruno, anche quando piove il tempo è sereno: il suo sole illumina tutto e tutti!
Ci racconta del suo viaggio lavorativo verso nord, deluso da una Puglia “sporca”, fatta di ricatti, parallela alla bella e splendente terra che conosciamo. E così, via verso il nord, come tanti, portando in dote una creatività che gli dona successo. Grazie Salva per il tuo aiuto e per la tua cucina deliziosa.
Alle sei di pomeriggio arriva Holger, un giornalista di Hanau che aveva letto di noi su di un quotidiano locale e ci aveva contattati attraverso questo sito e via Facebook. Ci intervista, scatta qualche bella foto e inizia così un’ amicizia che, tra pochi giorni, lo vedrà salire a bordo di Clodia con noi per un tratto di navigazione sul Meno.
Siamo nel ristorante
La serata con lui è fantastica, ci porta il cibo di un suo amico palestinese. Ha una casa molto ma molto bella, enorme e piena di cose bizzarre (modellini di navi, di auto, vecchi poster, marchingegni improbabili), resa meravigliosa da un cane grande e dalla sua compagna, una donna alta e piena di forza e simpatia che subito ci conquista.
La palestra è bellissima e Achille e Bruno si incontrano e si avvinghiano. Bruno è fuori allenamento (da soli 8 anni) ma è di grado maggiore. Achille, super allenato e fortissimo, impara. Vederli lottare è bellissimo, si aggrediscono con amicizia. Metafora tridimensionale della guerra, fatta con amicizia. Eppure è vero!
Ci mostra una bellissima maglietta del Che e ci offre dei ravioli. E birra, ovviamente, visto che siamo in Baviera. Nel frattempo, Peter ci suona la fisarmonica: si vive bene, stasera, come spessissimo ci capita sui fiumi. Al mattino gli chiedo se può suonare su Clodia, e la musica passa ai pesci e nell’acqua. Meraviglia! Come 
Il fiume è pulito, vive sempre di più, malgrado noi e le navi, soprattutto quelle da crociera che spostano masse d’acqua impressionanti che sradicano tutto, anche noi se non stiamo attenti.
Miltenberg è veramente bellissima, con case bavaresi decorate nella tipica struttura mista legno e mattoni, spesso con edifici della bella pietra rosa della zona. Passiamo una notte tranquilla, senza pioggia e la mattina dopo ci rifocilliamo con una grande colazione in compagnia di Anja e di Annette, sua amica.
Annette studia scienze alimentari (è una crudista convinta) e ci regala ogni ben di dio!
Arriviamo in città al mattino presto, sotto la pioggia e con un forte vento. Ormeggiamo e subito Günter, un omone gentile che avevamo conosciuto qualche giorno prima in una chiusa, mi offre un caffè e una colazione calda.
Piove, e il Meno si ingrossa: so già cosa mi aspetta. I fiumi sono fatti di acqua e tanta acqua deve scendere a valle mentre noi andiamo su. Capite? Ma ho voluto la barca?? E allora rema, mi dico sempre.
Mi ha dato una immensa quantità di aiuto, passione, consigli e ha bevuto una immensa quantità di birra (scherzo!!). Lo saluto prima di scoppiare a piangere mentre lo lascio alla stazione. Se non fosse stato per Bruno, e per Fine, quest’anno non sarei partito.
Paolo Muran, il regista del documentario, arriva accompagnato dal figlio Massimo, giusto in tempo per salutare Bruno mentre anche il cielo piange goccioloni. Il viaggio deve continuare e il treno deve partire: il giorno dopo molliamo gli ormeggi senza Bruno e Fine, che ha un paio di controlli medici da effettuare (Tillmann riparte con lei).
Malgrado questa violenza dell’uomo, troviamo tanta vita, anatre enormi, cigni che nobilitano con la loro bellezza altera ogni pozza d’acqua del pianeta. Figuriamoci qui, dove i paesaggi sembrano dipinti da Altdorfer o dai primitivi tedeschi.











Doveva essere un posto molto ricco.




A Speyer passiamo una serata di festa con Sandro e Sara, concedendoci una divagazione culinaria in un ristorante che si chiama “Porto Vecchio Veneziano”. Siamo talmente stanchi ed affamati dopo i tanti chilometri sotto il sole a picco, che per una volta ancora cediamo alle lusinghe della società dei consumi.
E consumiamo, con parsimonia, ma consumiamo, e paghiamo ovviamente. Al mattino presto visito la città di Speyer che è molto bella con una grande cattedrale (“Kaiserdom”) protetta come Patrimonio dell’Umanità Unesco, e che ospita le tombe di otto re di Germania, quattro dei quali anche Imperatori del Sacro Romano Impero.
Visito poi un monastero del 1228 con una lapide che ricorda Edith Stein, religiosa e filosofa morta ad Auschwitz nel 1942. Trovo anche un monumento a tale Jakob, un pellegrino del 1300 che a piedi nudi credo si recasse a Santiago di Compostela: si vede che viaggiava leggero. Bravo lui! Less is more.
Mannheim è grande, dal fiume. Nel 1868, tra l’altro, qui si creò la convenzione di navigazione sul Reno che ancora oggi vale.
Passiamo la sera davanti ad una bella birra, sotto una serie di platani ad ombrello che sanno tanto di Francia, con i gol della Svezia agli Stati Uniti (ci sono i mondiali di calcio femminile qui in Germania) di sottofondo.


Poi arriva Harald, il commodoro del club, che venuto a sapere del nostro viaggio: detto fatto, ci invita alla riunione mensile del club per raccontarci.
La notte è molto piovosa e sotto la tenda dormo come un ghiro. Il mattino dopo è molto ventoso, ma almeno la pioggia è sparita. Un signore, Winfried, che ci aveva incontrati la sera prima, viene per avvisarci che il museo dove sono custodite alcune navi romane (non siamo i primi ad arrivare qui a remi e vela) ritrovate nel Reno, è chiuso fino a settembre.
Sono emozionato, arriva il Meno. Due km ancora nel Reno e poi viro a dritta, isso subito la vela ed inizia una cavalcata di 35 km tutti a vela (tranne forse due km controvento per un meandro). Solo le tre chiuse (passate senza problemi) ci fermano. Una addirittura ha la chiusa piccola per le barche piccole. Che lusso!
La parte di città nella quale siamo è molto moderna, con un marina integrato in una urbanizzazione che recupera le vecchie aree portuali. Tecnologia e rispetto, una architettura forte ma umana: interessante connubio. Il Sailing Club che ci ospita è molto bello.

La scomodità del viaggiare ci rende necessariamente aperti al mondo, e gli altri non fanno che riflettere su di noi il nostro stesso essere e sentire.
Dormiamo sonni profondi ormeggiati a fianco di Rataka, la barca-casa di Remy e Nadash. Alle 6 scendo quatto quatto e cerco il pane ed i croissant per Fine, Bruno e me, trovando una bella boulangerie nel centro di Vendenheim. A mezzogiorno il sindaco ci invita a pranzo con moglie e nuora (il figlio lavora a Boulogne sur Mer, come addetto alla sorveglianza della Manica).
La cucina alsaziana è ricca e gustosa e non mi dilungo a descrivervi i piatti. Faccio prima a mangiarli, poi vi dico… Il mio piatto assomiglia un po’ al brasato al Barolo, con carni e ricchissime salse francesi. Fine e Bruno si dedicano a crauti e patate, con salsicciotti, würstel e carne di maiale cotta benissimo e buona da morire.
Nel frattempo ci ha raggiunto un gradito ospite, Karl (detto Kalle) il papà di Fine, appena arrivato dai pressi di Hannover per passare con noi alcuni giorni.
Kalle, forte e simpatico, fa un lavoro bellissimo: si occupa di landscape art e costruisce bellissimi e poetici recinti, staccionate e molte altre cose con salici e tutti i materiali che la natura gli offre. Alla fine della serata passeggiamo verso Vendenheim, in mezzo a campi di mais e ciliegi immensi.
Per fortuna il trasto di Clodia e il bloccaggio dell’albero è stato sapientemente costruito da Roland in modo da rompersi subito, senza fare danni maggiori alla struttura o peggio allo scafo, in caso di urto contro un ponte.
A Strasburgo entriamo verso le due di una domenica afosa e caldissima, sopra i 33 gradi. Passiamo remando davanti alla opulenza tecnologica del Parlamento Europeo e mi vengono pensieri controversi e tristi sui nostri europarlamentari da 35.000 euro al mese, mentre milioni di persone (che magari hanno competenze molto maggiori di loro) lottano con stipendi a tre cifre. I politici efficienti esistono, sia ben chiaro, ma sono rari mi sembra. Chissà perché?
Mi avvicino e vedo che mi mostra una copia del DNA (Derniere Nouvelles Alsaciennes) con l’articolo uscito in mattinata che parla di noi, con una bella foto di Clodia. La barca si chiama Labor, è molto grande, 55 x 6 m e Anne, bella e sorridente, mi invita con gentilezza bordo per un caffè. Che bello, sono felice e ormeggio. Per salire a bordo devo arrampicarmi per almeno 3 metri, altre dimensioni rispetto alle Peniche dei canali.
A bordo scopro una casa bellissima e Toni, il compagno di Anne che mi da’ il benvenuto. Un bel caffè, al quale sto rinunciando da molto, e il tempo di raccontarci brevemente le nostre storie. Anne e Toni si occupano di cultura e la loro Peniche è un atelier immenso. Sono pieni di iniziative e tutte sull’acqua, tra le quali un festival di imbarcazioni nel 2010 e un mercatino di Natale sull’acqua per il quale vengono da tutto il mondo.
La comunità di “liveaboard” è molto nutrita e subito mi accolgono tra loro. Il porticciolo è bello e protetto, situato vicino alla cittadella. Ci verrà offerto come al solito un trattamento molto generoso e Clodia non pagherà nulla per le due notti di ormeggio. Un’altra bella donna, Helene, mi accoglie e mi invita a cena dopo essere stata a bordo di Serena dove Josephine, Kalle e Bruno si eclissano di buon’ora.
Helene, che disegna costumi per il teatro, è una donna affascinante che vive a bordo da sei anni e ha purtroppo subito l’affondamento per motivi ancora sconosciuti della sua bella barca in acciaio del 1908.
La giornata sarà come al solito densa: varie interviste e riparazioni per Clodia. Bruno ha già fatto ieri il grosso ma ancora resta la paratia.
Cerco di dormire un po’ all’ombra di una barca ma esce una signora che mi racconta la sua bella storia, a bordo della Nave di Vetro che appartiene ad Alexander, maestro vetraio. Belle queste vicende di persone che a qualsiasi età ricominciano una vita. Alexander per esempio faceva il camionista, ma a 50 anni ha cambiato vita.
Il caldo è opprimente anche all’interno e la nostra giornata “politica” si rivela nella sua faccia stanca, ma ancora piena di energia e di passione. L’intervista è interessante ed intensa: scopriamo le politiche ambientali di Strasburgo. Mi sembra davvero che sia una brava e appassionata amministratrice. Venite a Strasburgo a controllare.

L’Alsazia era iniziata nei Vosgi: lingua, architettura, sapori erano decisamente cambiati ma qui, che credevo di essere in Germania davvero, ancora siamo in Francia.
Questa è l’Europa e sempre più mi convinco che i confini sono stati tirati sulle carte da pazzi o dopo un bicchiere di troppo.
Le onde sono per il momento piccole, il vento è contrario ma debole, le navi sono sì grandi e abbastanza veloci, sui 20 km/h, ma sono molto attente a noi come noi lo siamo a loro.


La nostra navigazione si era interrotta per due giorni a Saverne, splendida città, dove eravamo stati invitati a mangiare una pizza da Volker e Ilka, due simpatici tedeschi che hanno la loro casa-barca di vacanze nella bella capitale dei Vosgi. La pizza, ve lo dico subito, era stupenda, come la loro ospitalità a bordo di Grønland, un Tijalk (barca a fondo piatto) olandese, restaurato interamente con le loro manine.
Bruno il giorno dopo fa felice Volker facendolo veleggiare nel bacino prospiciente il bellissimo palazzo settecentesco, Chateau of Saverne, che per la sua maestosità ha guadagnato il titolo di “Versailles d’Alsazia”.
Per raggiungere la città bisogna attraversare 4 corsi d’acqua in 1 km: credo che sia un record mondiale! Sono esattamente: il canale dalla Marna al Reno, le Lohengraben, le Altbachgraben e la Zorn. In città scopriamo che scorre un quinto fiume, di birra in quanto qui si trova dal 1641 la Birreria Meteor.
Vediamo anche strani affreschi, di vecchi affacciati alla finestra e segnali per terra che indicano ai cani che è meglio farla nei tombini (!!): questi indizi ci fanno capire che la logica Francese, in fondo simile a noi cugini Italiani, qui non ha mai funzionato granché. D’altronde la maggioranza dei nomi è tedesca e tutti sono bilingue perché per lungo tempo l’Alsazia è appartenuta alla Germania.
La prima è Henri Bronner, sindaco di Vendenheim amico di Guy Rougieux, che viene a prenderci gentilissimo alle 9 di mattino, ad Hochfelden, con alsaziana puntualità (che è 5-7 minuti da quella tedesca, che è 5 dopo quella svizzera che è imbattibile, anche dai giapponesi).
ll dottor Samir Idir ci illustra questa meraviglia tecnologica che restituisce acqua al grande fiume, grave malato ed oggi sotto meticolosa osservazione da parte della Comunità Europea.
Dai residui della depurazione si produce gas naturale, tanto che il prossimo anno la stazione sarà indipendente per produzione di energia termica e prossimamente anche elettrica (si pensa addirittura di rendere disponibile il surplus di energia per uso pubblico).
Torniamo poi a Strasburgo dove il nostro sindaco ci introduce ad
Torniamo a Vendenheim dove visitiamo il comune, un centro modello per anziani, un impianto sportivo costruito con le migliori tecniche per un’architettura che ottimizza i consumi. Insomma un sogno.
Per ritornare ad Hochfelden, dove Clodia è ormeggiata, ci accompagna Damien, poliziotto di Vendenheim.
Bruno, che si è sacrificato per vegliare su Clodia, ci aspetta con ansia dato che il vento è propizio. Partiamo subito e con Bruno al timone e Fina ai remi voliamo e percorriamo 18 km in 5 ore, giusto in tempo per arrivare a Vendenheim, dove ci fermiamo due giorni ormeggiati a una bellissima barca olandese.
Questa è la casa di Remy, “eclusier” della prima chiusa sul Reno dopo Strasburgo. Remy, con la moglie Nadash (che di professione fa la postina ciclista) ed i loro due figli, ci offre una doccia calda e ci invita subito a cena, raccontandoci tutto della chiusa e del Reno. La loro figlia Marine ci omaggia anche di un disegno che ci rappresenta tutti e tre!



