Da Oare Creek a Ramsgate

Dopo tanti giorni di attesa, silenzio e sofferenza, finalmente ripartiamo!

Ci accompagna un sole dalla straordinaria luminosità che fa apparire il mare come uno specchio.

La nostra intenzione è di arrivare a Ramsgate, non una grande distanza tutto sommato. Sembra fin troppo facile…

Infatti appena superata la città di Margate ci prendiamo un bello spavento… Il vento passa improvvisamente da 10 a 25 nodi, cambiando direzione, e le correnti ci trascinano verso il mare destinazione Norvegia.

Quello che chiamo il “tallone d’Inghilterra” è un posto da far chinare la testa anche ai più smaliziati navigatori. Del resto siamo in prossimità di un capo e, si sa, i capi amano comandare!

Vediamo formarsi una barriera con onde di un paio di metri, troviamo secche in mezzo al nulla (con le foche che prendono il sole), mulinelli di vento, correnti potenti. Non si naviga certo con leggerezza, qui!

Insomma anche se è blu come il Mediterraneo, il Mare del Nord fa un po’ paura, perciò decidiamo a malincuore di tornare a Margate per la notte.

Margate è stato uno dei grandi centri balneari per Londinesi per oltre 250 anni.

Dagli anni ’60 in poi il crollo del turismo interno ha favorito l’arrivo da Londra di molte persone con disagi sociali: tuttoggi questa cittadina è un luogo di problemi ma anche di rigenerazione, con grandi espressioni artistiche.

 
Il mattino dopo il viaggio ricomincia.

Mancano solamente 7,6 miglia a Ramsgate e con una veleggiata fantastica giungiamo alla meta in meno di due ore.

Siamo accolti dalla calorosa ospitalità del Royal Temple Yacht Club, fondato nel 1857, grazie alla gentilezza del Commodoro Mike Brand.

 
Ramsgate è luce nordica e calore mediterraneo: aggrappata sulle bianche scogliere, sembra un Potala diffuso. La città pullula di facce strane, pazzi e gente di mare, e di una ricchezza che non c’è piu ma tornerà.

Il Mare del Nord è rimasto a Nord, finalmente.

Stiamo per lasciare il Regno Unito e il Kent, il “Giardino d’Inghilterra”.

La prossima settimana, in occasione del Dynamo Day si va in Francia, sempre che il tempo non lo impedisca, of course…

 
 

 

Venti e maree

Siamo ancora a Faversham, però ora ci troviamo nell’Oare Creek, un meandro fangoso dove la nostra vita è regolata dalle maree di quasi cinque metri che si alternano ogni sei ore.

 

 

Anche in questi ultimi giorni abbiamo incontrato persone molto interessanti come Bob e Lena. Lui è inglese e lei svedese: vivono vendendo pezzi di ricambio per barche trovati in giro per il mondo.

La loro casa è nel cantiere navale di Faversham circondata da alcune delle più antiche barche d’Inghilterra.

In questo luogo magnifico si sta restaurando “Cambria”, una vecchia Thames Barge del 1906, utilizzando i finanziamenti della Lotteria Nazionale.

Qui i soldi vengono spesi bene, destinandoli a progetti che cercano di recuperare le tradizioni creando al contempo un indotto che possa generare nuovi posti di lavoro.

È un grande esempio da seguire in tutti i luoghi dove c’è acqua (fiumi, laghi, mari) e dove ci sono barche, senza perdere le tradizioni ma tramandandole e valorizzandole.

Il tempo è stato molto brutto con tanta pioggia e vento forte: ora rimane solo il vento e di notte si vedono benissimo tutte le stelle, anche se fa parecchio freddo (si scende fino ad 1 grado).

Speriamo che questo vento inizi a diminuire, anche se la bassa pressione mediterranea lo attira dalla Norvegia.

Non vediamo l’ora di attraversare la Manica. A presto.

 

 

 

L’arte dell’attesa

Siamo ancora a Whitstable, il tempo sta migliorando dopo quattro giorni di vento e mare molto forte.

Abbiamo cercato di non rendere vana l’attesa, che porta cose importanti e diventa foriera di nuovi incontri.

Non a caso la nostra barca è stata costruita nella Art Waiting Room di Lago, dove Clodia è diventata l’argomento per cambiare il punto di vista su alcuni aspetti del nostro vivere.

La lentezza del nostro viaggiare è attesa. Attendere insegna ad essere pazienti, ad ascoltare. Si parla poco e ci si riposa. A Withstable accade questo, dobbiamo attendere e lo facciamo con attenzione.

I giorni in cui siamo stati ospiti di Johnny Green si sono rivelati un carico di energia, di racconti importanti su come anche i Clash, in fondo, fossero in sintonia noi: si stupivano di chi chiedeva loro autografi, dicendo “potete farlo anche voi!”

Johnny vive sereno con la sua famiglia scrivendo libri sul ciclismo.

Suo figlio Earl pedala verso Canterbury ogni giorno, andata e ritorno per insegnare Inglese a stranieri. È una persona bella, pulita, generosa, così come Ginette, Ruby e Polly.

Una famiglia davvero ricca dentro. Grazie di cuore!

Allo Yacht Club di Withstable ci hanno veramente trattato con affetto, offrendoci una camera calda in questi giorni gelidi con vento da nord a 30-40 nodi (la raffica più forte a 48). Non è poco.

Siamo qui da sette giorni: sembrano tanti ma sono volati. A volte ci torna a trovare Johnny che racconta, ovviamente, nuove storie punk.

Poi arrivano vecchi maestri d’ascia che costruivano le barche per la pesca alle ostriche: sono vecchiotti forti, un po’ paonazzi e allegri, però col naso triste.

 

Ci mostrano foto bellissime della baia di Whitstable con centinaia di Oysters Smacks ormeggiate. Che barche particolari, che lavoro e che tempi di arte della navigazione a vela.

Joseph Conrad diceva che ci sono uomini di mare e uomini di terra (sottintendendo che questi ultimi sono spazzatura, tanto per usare un eufemismo).
 
 
Oggi siamo stati a Faversham accompagnati da Bob, un amico segnalatoci da Caroline, amica di Phyllis Poltock. Nel cantiere di Bob abbiamo trovato un sacco di equipaggiamento nautico per Clodia che non potremmo permetterci di comprare altrove ovviamente, compresi due giubbotti per soli 20 pounds ed il riflettore radar.

Le barche sono straordinarie: centinaia, di legno, costruite dal 1800 in poi.
Thames Barges, Oysters Smacks, rimorchiatori forzuti costruiti con ferro “che non conosceva ancora la ruggine”, per dirla con il grande architetto navale Carlo Sciarrelli.

È il paradiso dei navigatori!

Domani mi farò un giro, mordendomi le mani e facendomi trascinare via da Jacopo a forza per non innamorarmi di qualche vecchio yawl.

Anche Faversham è bellissima, con molte case medievali e del ’500. È stata la prima città fondata dai romani in Inghilterra e il Creek, il canaletto, che vi arriva si asciuga completamente per sei ore al giorno. Il porto è piccolo ma ricco di storia: anche la flotta di Enrico VIII si ormeggiò nel Creek. Qui, come a Withstable, incontriamo tanti personaggi che sembrano usciti da un racconto di Dickens.

Ma magari io vedo Dickens dappertutto…

Una piazza, finalmente, in un angolo di mondo dove “piazza” è una parola che non risulta pervenuta. Le strade sono state progettate per camminare spediti nel vento freddo.

Ma ci sono i pub, e c’è la birra. A Faversham si trova la più antica birreria d’Inghilterra, del 1698, la Sheperd Neame. In tutto il paese si respira birra, si sente il profumo del luppolo e del malto tostato. All’inizio fa impressione, sembra qualcosa di chimico, poi ti entra dentro e ti accorgi che è un elemento naturale.

Siamo entrati in un pub gestito da un personaggio straordinario che, se non bevi la sua birra (e che birra!) apprezzandola, ti caccia fuori… Dicono anche che se ordini birre costose e ti vanti troppo, lui ti lascia fare ma il giorno dopo viene sotto casa tua (lui sa…) e ti lascia un biglietto con scritto, in libera traduzione: “non mettere più piede nel mio pub, tamarro!”.

Sembra che parliamo di un pazzo, e forse un po’ lo è, però nel suo locale si sta bene e si paga il giusto: pare che ogni tanto ci vada anche il principe Carlo che si guarda bene dal trasgredire le regole per non farsi cacciare!

Domani viene una troupe della BBC per raccontare il nostro viaggio. Un vecchio pescatore ha raccontato a una loro reporter la storia di due matti che stanno veleggiando verso Istanbul per proteggere le acque… Questo il messaggio che è passato e da lì alla BBC il passo è breve. Qui succede. Sembra fantastico, o no!?

Siamo riposati e felici; a tutti voi che ci chiedete “a quando la traversata della Manica?”, rispondo: quando il mare ed il vento ci diranno di si.

Adesso bisogna attendere, anche per trovare lo skipper che dovrà guidare in Francia la barca per la troupe che Paolo Muran, il produttore del documentario, ha comprato per garantire le riprese. Monteremo al più presto un motore elettrico alimentato dai pannelli della SOLON: insomma va un pochino preparata.

Nella tabella di marcia avevo previsto che avremmo potuto stare fermi anche fino al 15 maggio, speriamo di starci. Chiedo scusa a Michele e Francesca che ci aspettano a Calais in bici e per la seconda volta vedono i programmi non rispettati. Scusate, in mare è diverso.

Da domani andiamo a Faversham, qui siamo stati ospitati troppo a lungo e troppo generosamente dal Whistable Yacht Club. Ci sentiamo un po’ imbarazzati!

A presto. Viva il Kent!
 
 
 
 

 

Da Sheerness a Withstable

11 miglia nautiche – circa 20 km

Partiamo di buon mattino con un vento da ovest molto favorevole, issando la randa con due mani di terzaroli. In precedenza, gli amici del Sailing Club di Sheerness ci hanno confermato la loro grande gentilezza, portandoci fino alla barca con il gommone.

Dobbiamo confrontarci con una separazione dolorosa: a malincuore lasciamo la nostra stufa perché Clodia è stracolma e dobbiamo assicurarci che sia leggera e affidabile per la traversata della Manica.

Ma è un arrivederci, non un addio: prima o poi qualche amico ce la riporterà. A presto, calda compagna di viaggio!

La navigazione è fantastica: abbiamo solamente 11 miglia da percorrere, sempre col vento in poppa. In due ore e mezza raggiungiamo il canale che separa la bellissima isola di Sheppey da Withstable.

Rispettando la maledizione che ci accompagna da qualche giorno, nelle ultime due miglia del percorso il vento ci è nemico: o crolla o diventa troppo forte.

Il questo caso sparisce totalmente e ci mettiamo ai remi: poco dopo approdiamo sulla spiaggia di Whitstable.
 
 
C’è bassa marea quindi lasciamo Clodia su questo bellissimo tappeto di sabbia, ciottoli e valve di ostrica. Riusciamo ad incontrare quasi subito gli amici dello Yacht Club di Withstable che ci invitano prontamente ad entrare nel loro edificio.

Qui conosciamo un personaggio straordinario, Johnny Green, cognato di Roland Poltock, il nostro maestro d’ascia. Quello che non sappiamo è che Johnny era il manager di uno dei più famosi gruppi musicali britannici: i Clash.

Che sorpresa!
Nel video che segue potete vedere la sua intervista.

Johnny ci invita nella sua casa meravigliosa che divide con alcuni figli, piena di libri, mappe, ricordi. Ora si è appassionato di ciclismo e scrive libri fantastici a riguardo.

Passiamo alcune giornate grandiose con Johnny, che ci ospita anche a cena. Una mattina, prestissimo, andiamo a visitare un allevamento di ostriche innovativo, gestito da John Bayez.

John cerca di riportare a Withstable le ostriche native, che nel tempo sono state scacciate da specie non autoctone: l’ambiente è affascinante e Massimo Di Nonno non perde l’occasione per scattare delle belle foto.


 
 
 
 
 
Ci viene addirittura regalato un sacco di ostriche freschissime che mangiamo a pranzo con immensa soddisfazione.

Le giornate trascorrono preparando la barca ed incontrando molte persone gentili.

La guardia costiera, ed in particolare un ufficiale di nome Colin, ci consiglia di procurarci alcuni oggetti per la traversata della Manica(ad esempio i nostri giubbotti di salvataggio sono inadeguati, inoltre ci mancano il riflettore radar e i razzi).

Attraversare la Manica non è uno scherzo, quindi stiamo cercando di preparare Clodia al meglio, usando questi giorni di attesa forzata causa maltempo per riposarci e per acquisire il maggior numero di informazioni possibile.

Siamo piccoli noi.

Whitstable è una città bellissima con persone molto cordiali. Ha ospitato la prima ferrovia al mondo nel 1830, la “Canterbury and Whitstable Railway”: quale luogo migliore dove fare tappa per un progetto sul viaggiare sostenibile!

Per concludere vogliamo ricordare Richard Green, un amico che ci ha molto aiutati. La sua azienda, Whistable Oyster Fishery Company, è molto impegnata nella protezione delle acque. Richard gestisce anche un delizioso ristorante dove il piatto forte è, naturalmente, a base di Ostriche dal suo allevamento. Ascoltate la storia delle Ostriche di Withstable direttamente dalle sue parole:

A presto.

 

 

Da Erith a Sheerness

26 miglia nautiche – circa 49 km

Da Erith sotto un cielo grigio partiamo. Dopo pochi minuti inizia a piovere. Navighiamo veloci a vela, randa e mezzana, a circa 7 nodi. La corrente ce ne regala 3 e mezzo.

Il Tamigi torna ad essere bello, ampio e potente. Siamo ormai vicini all’estuario, i paesaggi sanno di Mare del Nord.

 
Il vento rinforza e, sotto un sole potente che si è aperto a forza un varco tra le nubi, tocchiamo i 10 nodi, con 4 di corrente.

Siamo felici: in 4 ore percorriamo 26 miglia. Arrivati all’isola di Sheppey vorremmo entrare nel Meadway e poi ormeggiare e Queenborough ma l’ultimo miglio di navigazione dice altro per noi.

Il vento ce lo ritroviamo sul naso e il mare incomincia a diventare fastidioso. Cerchiamo di bolinare per un’ora e guadagnamo mezzo miglio ma poi la corrente cambia ed il vento rinforza.

Siamo con due mani di terzaroli alla randa e siamo ancora sopra invelati. Decido, dopo un paio di semi scuffie (Jacopo ha i capelli dritti malgrado le secchiate d’acqua che prende), di virare e tornare nel Tamigi in direzione Sheerness.

Lì c’è un Sailing Club sulla spiaggia, sottovento al canale della tribolazione.
Bye Queenborough! Peccato.

Pochi minuti e siamo a riva. Alcuni soci e James Bell, il Commodore del Club, vengono ad accoglierci e con grande gentilezza ci offrono di ormeggiare ad una boa poco distante. Vado da solo e Jacopo mi raggiungerà poco dopo per portarmi a riva con un piccolo caicio.

Siamo al tramonto. Vento: da SW 20 nodi. Temperatura dell’aria: 12 gradi. Temperatura dell’acqua: fredda.
Non proprio l’ideale per un bagno.

Ma Jacopo si allontana dalla barca (dopo avermi raggiunto) e nel tentare di avvicinarsi di nuovo sotto una raffica più intensa, spinge un po’ troppo su uno scalmo e questo cede. Vedo il caicio capovolgersi e Jacopo sotto.

In un battibaleno Jacopo riemerge e tira giù tutti i santi del paradiso e non solo. E’ talmente incazzato che gira il caicio di forza e si mette a trainarla a nuoto verso di me. Lo raggiungo dopo aver di nuovo mollato gli ormeggi e lo faccio salire (ipotermia non così lontana in queste acque) remo verso riva, con il gommone a traino pieno d’acqua.

Arrivano i rinforzi con il gommone del Club. Che gentilezza questi inglesi!

Ci offrono subito di dormire nel Club e Jacopo viene spedito a farsi una doccia calda. Tim è fantastico come tutti i soci. Mark ci prepara un caffè bollente ed io sono felice che tutto sia andato bene. Dormiamo come dei ghiri.

Al mattino Tim ci sveglia (guardate questo video e votatelo) e ci indica un posto dove far colazione.

Incontriamo Sue & Sue che si occupano di divulgare i vantaggi dell’allattamento materno.
Il circolo sociale che ci ospita è meraviglioso. Si sta proprio bene. Aspettiamo l’alta marea e ci prepariamo alla ripartenza.
 
 
Grazie Isle of Sheppey Sailing Club. You are our friends.

Si parte a vela, dalla boa. Un vento in poppa di 15 nodi ci porterà in due ore e mezzo a Withstable, dove ci attende una sorpresa inattesa…
 
 
 
 
 

 

Da Londra a Erith

15 miglia nautiche, circa 28 km

Scusatemi per il ritardo ma i giorni da Londra a qui sono stati intensi assai.

Il tratto del Tamigi dal London Bridge alle grandi chiuse che servono a salvare Londra da ondate di marea eccezionali, è veramente un delirio.

Alla bruttezza del paesaggio, banche, grattacieli, edifici dell’arroganza e del no-limit, corrisponde la maleducazione dei capitani dei Clippers che creano onde enormi per un fiume, che poi iniziano a rimbalzare da parte a parte.

Il brutto crea brutto.

Al passaggio del meridiano zero di Greenwich ci troviamo con un bel vento al traverso ed issiamo finalmente la vela maestra. Sembra un auspicio positivo, ma subito dopo il vento ci torna sul naso…

Dopo Greenwich il paesaggio costruito continua ad essere delirante, ispirato dai grandi manager senza gusto e cultura.

Poi iniziano le fabbriche, gli enormi docks del porto, il fuori scala di queste costruzioni per mostri d’acciaio di 200 metri (era sabato e per fortuna non ne abbiamo incontrati).

Jacopo quasi piange. Nulla che sia gentile con noi, tutto tendente allo sporco e all’abnorme. Ci consoliamo con qualche albicocca disidratata e un po’ di Marmite, una pasta da spalmare a base di estratto di lievito, molto popolare qui.

Poi, dopo Tilbury, il Tamigi torna ad essere più naturale, anche se si vede che l’industrializzazione ha lasciato le sue tracce. Abbiamo la corrente dalla nostra per tutte e sei le ore di navigazione: la sua forza ci spinge verso il mare, malgrado il vento contrario.

Arriviamo di fronte ad Erith ed iniziamo a pensare, prima che la marea cambi, ad un posto dove fermarci e campeggiare.

Vediamo un bellissimo battello, un Ferry, ormeggiato e alcuni alberi di barche a vela. Un Sailing Club!

Il vento sul naso è vicino ai 18 nodi e remare diventa molto faticoso. Mentre ci aggiriamo tra le boe nel tratto di fiume più profondo, un ragazzo gentile, Mark, si avvicina con un gommone e ci chiede se vogliamo ormeggiarci.

ErithYes, of course!

E così ci troviamo con tutta la nostra mercanzia allo Erith Yacht Club. Un luogo tranquillo, molto genuino e “cozy”, pieno di anime generose.

Un signore, originario di Malta, si fa in quattro per aiutarci; Anne, una splendida signora, ci prepara un caffe caldo e ci indica dove poter piantare la tenda; Guy e David addirittura offrono la loro barca (un Van der Stadt in acciaio che ha già attraversato l’Atlantico) per far dormire la troupe che nel frattempo ci ha raggiunto.

Syd, un maestro d’ascia, ci racconta delle meravigliose barche in legno che stanno cercando di salvare. Visitate il loro sito per saperne di più.

Accendiamo la stufa e prepariamo un Cous Cous un po sciapo (siamo senza sale) e ci buttiamo in tenda sui gloriosi materassi in schiuma di mais che Stefania Carniato della Imbotex ci ha regalato.

Mi ero dimenticato di raccontarvi questo dettaglio.

Al mattino aspettiamo l’alta marea e con un leggero vento in poppa partiamo.

 
Grazie a tutti voi amici dello Erith Yacht Club. Ci avete regalato il vostro aiuto e la vostra gentilezza. A presto, spero.