Una crociata a remi e Cabernet – Da Nancy a Saverne

Eccoci ancora qui!

Scusate il ritardo ma questa è una situazione che ci succederà altre volte: Internet non è ovunque, qui è molto più facile trovare Cabernet! Tutto sommato però questo “digiuno” d’informazioni ci permette di raccontare meglio il viaggio, anche se so che non è bello per tutti voi che non vedete l’ora di leggere le nostre peripezie.

Ci eravamo lasciati al nostro arrivo a Nancy: ad un primissimo sguardo la città mi era già molto piaciuta. Confermo ed aumento l’entusiasmo per una comunità che mi sembra si dia molto da fare per rispettare l’ambiente ed offrire una vita buona a tutti i suoi cittadini, a cominciare dal modo di muoversi.

La rete di trasporti pubblici è ottimamente distribuita e un tram elettrico raggiunge buona parte dei quartieri. Gli autobus a metano e un traffico ben gestito fanno di Nancy una città molto pulita. Qui ci accoglie Sylvain, che studia e lavora in città e che parla un buon inglese, anche se noi cerchiamo sempre di parlare in francese.

La sua ospitalità ed i suoi aiuti sono stati preziosissimi. A cominciare da La Maison de Velo, un’idea fantastica di Dominique Xailly che da due anni ha creato, in collaborazione con il comune di Nancy, un centro dove la bicicletta è religione e ragione di vita.

Qui le bici si possono noleggiare (a 80 euro l’anno per modelli di tutti i tipi), acquistare, lavare. C’è una biblioteca di testi e DVD sui viaggi in bici, una sala riunioni e molto altro ancora. Incontriamo anche Pierre che si occupa di trovare biciclette particolari e straordinarie, tra le quali una bicicletta-vettura che ricorda un bolide degli anni ’60. Bruno la prova mentre io non riesco nemmeno ad entrarci!

E poi un’altra sorpresa: Atelier Dynamo, un centro fondato alcuni anni fa da Thomas ed altri soci, che si propone di recuperare varie parti di biciclette abbandonate e ricomporle creandone altre.

 

 

I molti soci, sono più di 1000, con cifre molto basse (25-50 euro) possono comprare una bicicletta.

Si organizzano anche delle manifestazioni e dei tour e nel laboratorio in rue des Tiercelins 18, luogo per le riparazioni che si può utilizzare gratuitamente una volta che si diventa soci.

Una buona idea da replicare.

Nancy si rivela ricca di incontri, tra i quali quello con Paul Rougieux, ingegnere che si occupa di legname e delle sue caratteristiche tecniche, che ci regala una fantastica marmellata di ciliegie fatta dalla sua mamma.

Il giorno successivo Paul ci porta a conoscere suo zio Guy Rougieux, presidente del sindacato delle acque del fiume Seille e della Mosella, che per tanti anni si è occupato della rete di distribuzione idrica dei paesi intorno a Nancy. La rete nell’altopiano che ci porta a visitare è interessantissima e visitiamo la centralina dove l’acqua viene controllata ed addizionata di cloro per legge, dopo il 2001 e la paura di attentati.

I paesaggi intorno sono molto belli.

L’aiuto di Guy si rivela molto prezioso e con lui inizierà una relazione di amicizia straordinaria. La sera siamo suoi ospiti a Lanfroincourt, 130 abitanti, dove visitiamo anche La Pepiniere (il vivaio) del padre di Paul, Etienne, e raccogliamo le stesse ciliegie della marmellata preparata dalla mamma. Paul ci racconta del difficile momento dei vivaisti di qualità in Lorena, dopo l’invasione delle piante a basso costo.

La cena che ci prepara René, la moglie di Guy, è speciale, con deliziose specialità lorenesi, tra cui il Pâté Lorrain e la immancabile Quiche Lorraine. A fine pasto Guy ci regala una acquavite di Mirabelle e René delle ciliegie magiche. Ancora grazie a questi amici speciali della Lorena.

Il giorno successivo, nel Port de Plaisance di Nancy incontriamo il direttore, Capitano Franck Rosseaux, che ci racconta del suo porto modello e del suo impegno a proteggere l’ambiente con varie iniziative che impediscono lo spreco dell’acqua e la dispersione delle acque grigie e di sentina (con raccolta gratuita delle stesse).

Grazie a Nancy e a tutte le persone generose che abbiamo incontrato.

I giorni successivi sono bagnati.

Dopo quasi un mese di bel tempo l’acqua inizia a cadere dal cielo e temporali e piccole tempeste ci rincorrono. Facciamo anche delle bellissime veleggiate: Bruno in particolare riesce a sfruttare il vento che si incanala tra gli alberi e spesso vola velocissimo tra due grandi baffi bianchi a prua di Clodia e lasciando una bella scia.

A Varangeville, sede delle famose miniere di sale, io passo sorridente, malgrado la pioggia, davanti ad una peniche: due donne che prendono il caffè mi vedono in uno stato pietoso dopo 13 km sotto l’acqua. Chiedo se conoscono una caffetteria vicina e loro generosamente mi invitano a bordo per offrirmi un buon caffè caldo e un po’ di ristoro.

Ben presto, nella solita atmosfera di grande e spontanea ospitalità tra chi vive in barca, veniamo ospitati per una sostanziosa merenda, guidati a visitare Saint Nicolas de Port.

Qui scopriamo una basilica gotica di rara bellezza (con le più alte colonne d’Europa, una delle quali piange, e la mano destra di San Nicola da Bari, protettore dei naviganti), un ospedale per le cicogne, che qui costruiscono nidi ovunque, e un museo della birra dove ci regalano un catalogo.

Anouk e suo marito Dany ci invitano anche a cena e il loro calore umano ci riscalda più di un fuoco acceso. Passiamo una splendida serata: grazie Anouk e Dany, ci avete donato un giorno speciale.

Il mattino dopo finalmente torna il sole e ripartiamo salutando i nuovi amici col rammarico di sempre.

Sulla via verso Strasburgo incontriamo un’amica di Anouk, Dominique, che vive su un’altra peniche restaurata benissimo, con la madre, due cani dolcissimi, vari gatti e una grande passione per l’amicizia.

Ci racconta la storia della cittadina di Dombasle e del suo porto abbandonato, vittima anche, ma non solo, della ottusità dei politici e dei vandali che hanno deturpato una struttura che poteva essere di grande aiuto per la regione. Qui regna sovrana la Solvay e può avere limitato la capacità di vedere “lungo” dei governanti locali.

Dopo Dombasle, con Bruno facciamo grandi volate a vela sotto la pioggia battente che si alterna a brevi sprazzi di sole: è un tempo molto atlantico con cambi repentini. A Lagarde dormiamo in un porticciolo delizioso e sotto l’acqua passiamo il tempo a raccontarci la vita.

Il paesaggio è sempre diverso. Ora siamo su un altopiano con il canale che si trova vari metri sopra l’orizzonte, ora in una specie di tunnel verde.

Ovunque la natura è bella, non rovinata e ci sono molte foreste, che da noi sono merce molto rara. L’acqua non è più trasparente come a Toul ma ancora di un bel verde, ricca di pesci: salmerini, trote (immesse), persici, ci dicono anche molti siluri.

Dopo una veleggiata fantastica con raffiche a 40 km orari, raggiungiamo e passiamo la chiusa di Richecourt, la piu imponente chiusa francese per molti anni dai suoi 15.4 metri di altezza.

Impressionante, soprattutto il rumore della porta a ghigliottina che ci chiude dentro. La salita dura mezz’ora ma va tutto bene ed usciamo a vela, con la sola mezzana (la vela più piccola, a poppa).

Passiamo la notte a Gondrexange ed il giorno dopo arriviamo ad Hesse dove, ormeggiati sotto un bell’acero, scopriamo Le Boat, una compagnia che noleggia houseboat.

Grazie ad Angelina, la gentile segretaria, veniamo a scoprire che non possiamo passare, in quanto barca a remi, sotto i due tunnel che ancora ci restano e soprattutto dal piano inclinato di Arzviller, vera meraviglia della tecnologia idraulica. Depressione totale!!

Mai dire mai. Il giorno dopo due gentili addetti della VNF, i nostri ormai noti angeli custodi, dopo aver ascoltato le mie parole di tristezza di fronte al no venuto da Strasburgo, si prendono la briga di andare a Nederviller in battello, presso la sezione locale della VNF, per perorare la nostra umile crociata a remi.

Di ritorno il no diventa un si, a condizione che si venga trainati dalla barca a motore. Visto che i due tunnel in totale ed il tratto che va fino al piano inclinato non superano i 6 km, accettiamo felici, dato che un trasporto a rimorchio sarebbe stato molto difficile da organizzare oltre che contro la nostra filosofia. Così la piccola Serena ci traina.

Il piano inclinato di Saint-Louis Arzviller è una grande emozione.

Vedere questa “piscina” di 900 tonnellate che scivola giù dal pendio per 44 metri con dentro le barche è notevole. E non consuma niente dato che è la differenza di peso che fa salire o scendere le vasche. Geniale!

Dopo Saint-Louis Arzviller entriamo in un mondo completamente diverso: foreste di conifere miste a faggi, rocce rosse, castelli, architettura germanica, discesa a picco su Strasburgo. Siamo nei Vosgi.

Ieri notte, dopo una breve pausa nel paesino alpino di Lutzelbourg (sembra assurdo trovare un porto in un paesaggio che ricorda la Valle D’Aosta), dormiamo a fianco di una houseboat piena chiassosi tedeschi un pò brilli, in una valle fatata e umida.

Prima dell’oscurità vediamo una sagoma bianca che si sbraccia e parla con i tedeschi. Già comò… Già comò, dice, ed io penso: “Cosa ho fatto?”. Ecco, adesso ci arrestano perché abbiamo passato il tunnel senza permesso ufficiale ed hanno cambiato idea…

Ma no, ecco, è Guy che ci porta buone notizie: si è dannato per farci trovare dei contatti interessanti a Strasburgo, dove ha lavorato per anni e conosce tutti, organizzandoci un incontro con il sindaco di un paesino che ci aiuterà molto. Insomma, un santo che ci ha donato aiuto e passione. Siamo commossi, grazie.

 

Abbiamo oramai superato 200 chiuse, 8 tunnel, 13 ponti canali e tra poco i 1000 km di percorso.

A braccia e remi (con un po’ di vela) sono tanti. Provare per credere.

Ora siamo a Saverne, che è bellissima. Piove a catinelle, dopo un arrivo che sembrava promettere bene grazie all’incontro con due ragazzi, Volker e Ilka, che per stasera ci hanno promesso una pizza cotta e preparata nella loro barca, un Tjalk olandese.

Il morale è alto e le ossa bagnate. Ma l’acqua è vita e la birra qui è buona. Siamo in Alsazia, mi dimenticavo, e anche i vini qui non scherzano! Viva i liquidi insomma.

A presto e un abbraccio a tutti. Giacomo

P.S.: Un ringraziamento particolare a Caroline Bouguereau che ci ha aiutati molto con le relazioni con la stampa in Francia.

 

Mucche e ciliegie – Da Châlons-en-Champagne a Nancy

197 km, 110 chiuse, 10 ponti canali, 6 tunnel. E tanti incontri e paesaggi… Uno spettacolo. Questi sono numeri e le parole dei nostri ultimi giorni, e c’è molto di più dentro. Naturalmente.

Ci sono i paesaggi del canale laterale alla Marna, selvaggi e da cartolina. Le mucche corrono letteralmente al nostro passaggio, in mandrie numerose, facendo rimbombare il terreno. E poi l’acqua. La beviamo direttamente dal canale: è potabile e trasparente fino a 4 metri.


Ci sono le colazioni con l’acqua che fuma nei canali, le notti sotto la pioggia, i giorni bruciati, il vento contrario, le strette di mano, di mani callose, di mani sincere e calorose. I baci lanciati con le mani da un bambino turco che non finiva di salutarci mentre ci allontanavamo, felice, alla parola… Istanbul!

 

E gli sguardi incantati sul mondo di una bambina che ci osserva da lungo i canali.

Ci sono le mani, nostre, che a volte sembrano di altri, ormai come cuoio di una vecchia ciabatta di pelle di bufalo.

C’è il vecchio cuore di Nazim Hickmet, grande poeta Turco di pace e libertà, ed i cuori nostri, sempre più teneri di fronte alla gioia che proviamo e che provochiamo.

E come dimenticare la gentilezza di tanti altri.

 

Come Chantal a Treveray, che mi accompagna fino alla città successiva (dovevo farmela a piedi perché ero rimasto indietro per lavorare al sito) dopo che il sindaco di Treveray mi aiuta a mandare, senza batter ciglio, una mail importante a Radio 24;

 

Oppure Jean, un “eclusier”, il gestore della chiusa, figura che purtroppo, data la automazione richiesta dai tagli in bilancio, tende a divenire sempre più rara. Lui ci invita a casa sua e ci offre Champagne, in compagnia della sua gentile e affascinante moglie e della simpatica e bella figlia, che il giorno dopo ci regala una cartolina che ritrae la stessa chiusa tanti anni fa;

E ancora Sara e Bertrand che a Toul ci invitano a bordo per colazione e poi ci preparano anche i panini per il giorno dopo.

E mille altre persone che ci regalano emozione. Ed aiuto.

 

Il paesaggio ora si è fatto collinoso tanto che siamo saliti e scesi più di 110 volte, passando in un solo giorno 25 chiuse. Il viaggio è intenso, difficile fare giustizia a tutti i luoghi in poche righe, ma proverò a fare un breve riassunto di quanto abbiamo fatto.

Innanzitutto a Berry-au-Bac, splendida ed arroccata: il rinascimento francese. Qui abbiamo un incontro alla sede della Vnf dove raccogliamo gentilezza e informazioni sul sistema delle chiuse che sempre di più ci stupisce e ci affascina.

Un lavoro immenso di secoli che, a costo altissimo e con grandi sacrifici, viene mantenuto attivo.

Grazie Vnf e grazie Francia per questo dono.

Navigare su queste acque, questi canali, e passare queste chiuse, ponti, tunnel ci fa sempre pensare a chi ha lavorato duro e chi lavora sodo per far si che tutto funzioni.

 

A Treveray, ormeggiamo sotto un ciliegio e Josephine sale sulle spalle di Bruno per procurarci un po’ di meravigliosi frutti (ora siamo diventati raccoglitori, ma per nulla stanziali!). Poi entriamo in un bar dove tutti che ascoltano attentamente i nostri racconti. Ricordiamo con piacere gli aiuti ricevuti dal sindaco, da Madame Dal Zotto e da Chantal.

Nel pomeriggio successivo navighiamo letteralmente tra le ninfee passando la 29a chiusa sul canale dalla Marna al Reno. L’atmosfera ricorda un po’ i quadri di Monet. L’acqua è semplicemente splendida, tanto che la si beve. Ci concediamo un ormeggio da marinai di terraferma, fatto con l’ancora gettata… a riva!

Lungo il canale, dalla barca, raccogliamo altre ciliegie e altre fragole. Che delizia!

Subito dopo ci attende però il secondo lungo tunnel del viaggio, quello di Mauvages, appena poco più corto del Suterrain de Riqueval. Questo tunnel venne costruito dal 1841 al 1846: sono circa 4.800 metri da percorrere al buio e all’umidità, con lo stesso sistema di rimorchio elettrico incontrato precedentemente. Ma ormai il capitano Jack e la sua ciurma ci sono abituati!

 

Passiamo la notte a Void con Elvis della Vnf che ci regala una penna ed il mattino dopo facciamo colazione su un ponte romano, con una baghette cotta nel forno a legna. Poi arriviamo a Toul, città fortificata, dove incontriamo Jean, Sara e Bertrand, in un nuovo porto che più bello non si può. Qui visitiamo la bellissima cattedrale: un’ottima occasione per sfoggiare con Bruno e Fine i miei studi di architettura!

 

Poi via fino a Nancy, passando a vela il ponte canale sulla Mosa e a remi un altro lungo tunnel: dopo 36 km finalmente rientriamo in un vero fiume, la Mosella.

Ci attende un paesaggio da Arcadia Felix, con una bella veleggiata ed il fiume che diventa ampio, così come le chiuse e le immancabili Paniche, lunghe oltre 100 metri.

Il paesaggio è in generale molto selvaggio, poca agricoltura intensiva, molti pascoli. Data la qualità dell’acqua la vegetazione è splendida e sana, con rilevatori di eccezione come le ninfee, le trote, i granchi di fiumi e i salmerini ed i persici.

Via via, la Mosella si fa più torbida: le industrie e l’agricoltura intensiva sembra che inquinino un po di più l’acqua e le sponde. Le persone poco gentili fanno il resto.

A Nancy, città ricchissima di storia e civilissima, vediamo subito delle biciclette che si possono noleggiare applicando un sistema che pare funzionare. Si chiama Velostan, ed è basato su un sistema con 25 stazioni in tutto il centro della città dove prendere e depositare le biciclette, ed un sistema di abbonamenti di varia durata.

Le biciclette sono proprio belle e paiono anche robuste.

Ancora la Francia è dolce. Malgrado i chilometri percorsi, ormai 800 in totale, siamo sempre convinti di andare troppo veloci, e che in fondo ci stiamo perdendo molto.

Ma molto ci arriva, anzi moltissimo. Sempre di più.

Sono triste a pensare che qualche “illuminato” ci ha privato di questa gioia in Italia, quella della navigazione fluviale, in nome di un progresso regresso che ha sprecato il lavoro di migliaia di uomini.

Tra di loro c’era anche un signore che si chiamava Leonardo, da un piccolo paesino toscano, Vinci, che guardacaso aveva dedicato grandi energie allo studio dell’acqua e delle vie navigabili. La sua scala d’acqua che parte da Pavia è in stato di totale abbandono.

 

Mi dispiace, anche perché in ogni santa chiusa, e già ne abbiamo fatte 157 in totale, mi vedo le porte che lui, cinque secoli fa, ha inventato, e che si chiamano appunto “vinciane”, e che ancora oggi, pare, funzionano egregiamente in tutto il mondo.

Così va il mondo. Be water! Giacomo

 

All’ombra della Cattedrale – Da Pargny-Filain a Châlons

Colui che cammina tra i prati dello Champagne
a mezzogiorno, in autunno,
quando le foglie appaiono come l’oro,

la vede avvicinarsi
come una grande montagna nella pianura,
dall’alba radiosa fino alla fine del giorno,
più vicino cresce
per chi va in tutto il paese.
Quando alte torri gettano
la loro cappa ombrosa
sulla sua strada, lui entra,
dove la pietra solida è scavata in profondità
da tutti i suoi secoli di bellezza e di preghiera.

Da La Cattedrale di Rheims
di Emile Verhaeren

 

Bonjour à tous!

Innanzitutto ci associamo alle celebrazioni del World Environment Day, ai cui principi Man on the River si ispira, sperando di portare il nostro piccolo contributo al futuro.

Riprendiamo il nostro racconto da Pargny-Filain, dove ci fermiamo ancora un giorno ad ammirare gli spettacoli della Compagnie Isis.

Fine si intratterrà un po’ di più per portare a termine un video su Magali, una di loro. Guardatelo alla fine di questo racconto, è molto meglio di mille parole.

Da Pargny, Bruno ed io partiamo di buon mattino per Reims. I paesaggi sono molto belli: incontriamo un nuovo tunnel, a Braye, dove entriamo indisturbati. Dentro piove, roccia viva, una peniche minacciosa che ci segue da lontano (e non è bello..).

Dopo due chilometri vediamo stagliarsi in controluce una sagoma che ci attende. Con sguardo severo e poche parole ci intima di accostare e poi, dopo un bel po’, veniamo a scoprire il motivo. A remi non si può passare sotto il tunnel.

Il permesso della VNF non arriva e io mostro nella cabina del signor Michel Marteau la mail che ho inviato nella sede di Lille. Da un deciso “No” passiamo ad un “Ni”, e poi dopo una telefonata con risate (non capita tutti i giorni di avere due matti che a remi vanno ad Istanbul) ad un “Sì” aperto e complice della nostra follia.

Anzi, l’incontro con Monsieur Marteau si tramuta in una bella intervista nella quale ci spiega sia la complessità del tunnel (nel quale purtroppo nell’800 persero la vita 17 persone per una immissione accidentale di gas tossico), sia la gestione delle chiuse e del flusso dell’acqua che viene prelevata dall’Aisne e da un bacino artificiale. Che lavoro pazzesco!

Ripartiamo e chiusa dopo chiusa (siamo quasi arrivati a 100!), metro dopo metro, arriviamo a Berry-Au-Bac appena in tempo prima della che l’ennesima chiusa venga sbarrata. Incontriamo la guardiana che ci offre un chilo di meravigliose fragole, che mangiamo in pochi minuti. Oggi abbiamo percorso contro vento più di 30 km e siamo un po’ stanchi: dormiamo benissimo in un bacino di manovra delle Paniche.

Al mattino verso le 8 partiamo verso Reims dove arriveremo alle 5 di pomeriggio. Anche qui incontriamo paesaggi molto dolci, acqua pulita, limpida e molti pesci. Anche un daino, aironi cinerini, centinaia di anatre e nutrie.

L’arrivo a Reims è buffo. Il canale corre in pieno centro tra due strade ad alto scorrimento: un casino d’inferno. Tutti ci guardano come se fossimo marziani (o umani…) e, paradosso in mezzo a questo bailamme, incontriamo la prima barca a remi: due ragazzi su un’armo da canottaggio.

 

Bruno indossa i panni dell’uomo mascherato, si deve proteggere il viso dal sole. È brasiliano, da loro il solo c’è raramente… questo è noto, quindi la pigmentazione è scarsa. A Reims ritroviamo prima Fine e poi Paolo, il regista del documentario, con conseguente sovraffollamento sia su Clodia sia su Serena, la barca per le riprese: vita intensa.

Reims, capitale della regione dello Champagne, è molto bella e pulita. Jean de La Fontaine ne disse: “Non esiste città che preferisca a Reims: è l’ornamento e l’onore della Francia”.

Abbiamo scoperto che il suo nome deriva da “Remo”, ma purtroppo non come quello che usiamo su Clodia, bensì dal Remus fratello del fondatore di Roma!! Secondo la leggenda (ovviamente) di origine romana, Remo fondò la città e diede il suo nome al primo popolo della zona, i Remi. Ancor oggi gli abitanti si chiamano Rémois.

Reims ha ben quattro monumenti dichiarati patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, ma il più impressionante di tutti è senza dubbio la Cattedrale di Notre-Dame, probabilmente la più bella cattedrale gotica del mondo, che ha visto le incoronazioni di ben 25 re di Francia (tra cui quella di Carlo VII, promossa da Giovanna D’Arco).

Tra storia ed arte, c’è anche un bellissimo tram senza fili, il contatto è per terra. Stiamo attenti a non prendere la scossaaaaaaa!!!

Il giorno successivo ripartiamo verso Châlons. Champagne puro ora, inteso come regione! I vitigni, i paesini sulle colline… e noi ancora non abbiamo bevuto nemmeno un bicchiere. Siamo Spartani, non Ateniesi.

La tappa è molto dura, resa difficile dal vento contrario. Fortunatamente ci consoliamo con delle fragoline di bosco raccolte direttamente sulla riva, restando a bordo di Clodia. Sudore e fragole!!

Alle 18:30 le chiuse… chiudono. Noi ci troviamo in un bellissimo bacino di manovra con belle barche e due donne che ci salutano. Invertiamo la rotta e le avviciniamo per salutarle.

Passeremo, in breve, una delle più belle serate del nostro ricco viaggio. Siamo a Port de Vaudemanges, dove vive un piccolissima comunità di “liveaboard” che in un ambiente perfetto hanno scelto di restaurare vecchie barche e uscire dalla convenzione di una casa. Sembrano più felici.

 

Isabelle, giudice, ci accoglie e ed in breve mettiamo su una cena collettiva con amici che piano piano arrivano e si aggiungono.

Uno di loro, Maddy Lecyn, ha restaurato una paniche appartenente a Serge e Isabelle, ed ha realizzato uno studio di registrazione, luogo di incontri con il quale sta per intraprendere un viaggio in Europa per portare artisti, musica e bellezza. Il suo sito è www.nadboat.com.

Chapeau!! Vai Maddy.

A bordo James prepara alcuni gamberi in maniera sublime e Paolo, a bordo di Serena, improvvisa una spaghettata (si era portato da casa la materia prima, da buon Italiano all’estero) per 10 persone. In una barca di 5.74 mt vi assicuro che non è facile.

La cena è ricca e dolce, la musica bellissima, e la natura fa il resto. Io crollo e mi congedo abbastanza presto dagli altri per ritirarmi in tenda, dove dormo 11 ore filate.

Al mattino sembra di conoscere vecchi amici e ripartire è un po’ triste. Vi sembrerà strano ma a noi sembra di andare troppo veloci. Tutto quello che vediamo, che proviamo, tutti i personaggi interessanti e curiosi, meriterebbero molto più tempo.

Ma, è così, e mi ricordo le parole del mio maestro Bernard Moitessier (grande, insuperato maestro di navigazione e di vita, uomo libero e saggio): “non lasciare che la mano del tuo amico si scaldi nella tua”.

È ora di andare, di provare, di vivere il viaggio. E di lasciare Clodia scivolare sulle acque verso Istanbul.

Facciamo 26 km al mattino con vento a favore e otto chiuse in 8 km, mentre al pomeriggio 18 km e due chiuse con vento contrario.

A Châlons-en-Champagne troviamo l’ennesima chiusa sbarrata e dormiamo in un canale secondario vicino a una bella barca olandese in restauro. Da Châlons, seduto sotto una lapide che ricorda come qui risiedette per un breve periodo Giovanna d’Arco, vi saluto.

A bientôt! Nel frattempo ecco il video di fine sulla Compagnie Isis.

 

I fuori orario da Jasmine Lane

L’Avventura di Francesco

Francesco Cappelletti, il primo ospite di “Man on the River”, ci ha inviato le sue impressioni sull’esperienza vissuta:

“Essere ospitato da Giacomo a bordo di Clodia è stato per me un onore e un grande piacere.

Da amante della vela e di tutto ciò che concerne il vivere sull’acqua ho goduto delle intere giornate passate ai banchi a spingere Clodia o a settarne le vele con precisione. Ma quello che ho davvero apprezzato di questa esperienza è il valore umano con cui sono entrato in contatto. Giacomo, Bruno e Josephine sono persone fantastiche. Sono amichevoli, coinvolgenti, affiatate.

Amo questo Progetto. Considero le idee alla base di esso universalmente valide ed auguro a Clodia un glorioso arrivo al Corno d’Oro. Buon vento all’equipaggio!”

Grazie Francesco e a presto!

 

Il nostro viaggio continua a ritmi velocemente lenti. La media che riusciamo a tenere è sui 30 km al giorno.

Ci eravamo lasciati a Cambrai, sul Canal De Saint Quentin: città bella e ricca di storia. Curiosamente qui nel 1508 fu formata, su iniziativa di Papa Giulio II, una lega tra le maggiori potenze del tempo contro Venezia, la mia città adottiva.

Troppi galli nel pollaio e la cosa si sciolse come neve al sole con ribaltoni degni di casa nostra.

Mentre i nostri compagni si rimettono in viaggio, Fine ed io ci fermiamo per aggiornare il sito, cosa veramente difficile ora data la scarsità di villaggi. Siamo d’accordo con Bruno, Francesco e Sandro che la sera li raggiungeremo appena prima del tunnel di Riqueval.

Un gentilissimo amico conosciuto la sera prima nel bel porto di Cambrai, quello dove Capitan Jean Luc ci aveva regalato l’ormeggio, ci accompagna in macchina dopo aver finito il suo lavoro in una pizzeria, ovviamente Italiana…

Si chiama Julien Debut e a lui vanno i nostri ringraziamenti più sentiti.

In questi giorni percorriamo ben due tunnel tra i quali appunto quello il Suterrain de Riqueval, lungo 5.671 metri, che ci lascia senza fiato. Un rimorchiatore elettrico a catena (con i cavi sospesi come il tram) detto “Toeur” traina un convoglio di sei barche, noi per ultimi. Questo è uno dei due tunnel fluviali francesi che utilizzano questo sistema: l’altro è quello di Mauvages sul canale che porta dalla Marna al Reno.

Roccia, mattoni, un lavoro immane per superare una collinetta. Napoleone nel 1801 lo volle costruire e nei dieci anni successivi migliaia di disperati lo scavarono quasi a mano. Si vedono ancora i colpi di scalpello e piccone. In questo video potete ripercorrere con noi il tunnel.

Dentro è freddo, il tragitto dura circa due ore: Bruno ed io su Clodia ci buttiamo sotto una vela e dormiamo quasi fino all’uscita.

La sera arriviamo a Saint Quentin, dominata dall’imponente e altera cattedrale: bella città. Nel piccolo e bel Marina, a differenza di quanto accaduto in Inghilterra e a Cambrai, un capitano poco generoso non ci aiuta per niente, ma così va il mondo.

Il giorno dopo Francesco e Sandro ci lasciano per fare ritorno a casa dopo la loro avventura a bordo.

Francesco si dirige verso Plymouth, in Inghilterra, dove attualmente vive, mentre Sandro è pronto a percorrere nuovamente i campi e le calli della nostra amata Venezia.

Sono stati compagni meravigliosi e non è facile esserlo data la spartana vita che conduciamo. Così rimaniamo a remare in due, come da copione.

Procediamo per circa 35 km in 10 ore, fino a Fargniers, dandoci il cambio ogni due ore, con un vento contrario ma debole. Entriamo nel Canal de la Sambre à l’Oise. Dormiamo lungo le sponde, prima della chiusa, e troviamo anche qui nuovi amici: due simpatici Olandesi, che non parlano inglese ma vedendoci provati ci offrono dell’ottima birra.
Il giorno dopo il vento aumenta e riusciamo a percorrere solo 22 km.

Soffriamo, trainiamo la barca dalla sponda con una cima, ma finalmente imbocchiamo il canale dall’Oise all’Aisne. I canali francesi sono veramente tanti! Se volete farvene un’idea qui trovate la lista completa.

Il vento cala perché ora è di traverso e quindi ci arriva molto indebolito grazie alla provvidenziale schermatura gentilmente offerta dagli alberi.

Attraversiamo il primo ponte sospeso sul fiume, o meglio il primo “canale sospeso”: navighiamo a 15 metri sopra l’Ailette! Poi via fino a Guny dove dormiamo in una bella area dedicata ai naviganti con scivolo di alaggio, bitte, etc. Un esempio da seguire. La notte è fredda e ventosa, con poca pioggia. Al mattino visitiamo la boulangerie del paese per un croissant e una baguette, dobbiamo far onore alle tradizioni locali…

Una bella cattedrale sperduta nel nulla, il municipio una scuola con ingressi rigorosamente separati tra maschi e femmine e tanto silenzio. Bellissimo!

Giacomo in front of the Church of St.Quentin

Mi piace questo paesaggio di semplicità, natura selvaggia, colline, rade radure e poco rovinato dall’uomo.

Riprendiamo il viaggio con molto vento che passa sopra di noi, ma i nostri amici alberi ci forniscono una grande protezione. Silenzio. Alberi, uccelli e acqua. E Clodia che scivola.

Sono nulle le nostre possibilità di procurarci il cibo da contadini dato che semplicemente non ne troviamo. La foresta è pressoché ininterrotta e quando arriviamo la sera ci fermiamo per dormire.

Da Guny a remi (pochissima vela) e un’infinità di chiuse (siamo a più di 50 già superate) percorriamo circa 21 km per arrivare a Pargny-Filain, trovando anche qui una bella area di ormeggio con elettricità ed acqua. La sera, cercando un bar, vedo una scritta buffa: “Compagnie Isis”. Il mio istinto mi porta là, dove ci sono i “matti”, quelli belli, utili.

Ed infatti vediamo due tende da circo e scopriamo che alcuni ragazzi hanno fondato da 15 anni una compagnia di arte circense.

C’è anche una compagnia cambogiana che sta per partire. La sera ci invitano a mangiare con loro crepes saporite nella loro casa dai vecchi muri, appartenuta ad un nonno filantropo e ad una madre attrice.
I due giovani figli e i loro amanti e mariti, insieme ad alcuni amici svedesi, hanno dato vita a questo piccolo grande sogno.

 

Stiamo bene e parliamo di futuro davanti ad un grande camino acceso (qui di sera fa ancora freddo) e bella musica. Stasera andiamo con loro ad uno spettacolo e presto vi racconteremo di più.

Siamo a 58 km da Reims, capitale dello Champagne. La fatica si sente ora, ma siamo molto carichi.

Un abbraccio. Giacomo

 

Da Arques a Cambrai

Eccomi di nuovo a bordo.

La tappa da Arques a Bethune è stata completata da Bruno e Francesco Cappelletti, il nostro ospite. Fine era al loro seguito alla guida di Serena, la barca di appoggio che per il momento ci segue a breve distanza.

Bruno e Fine si stanno impegnando al massimo. Lui è uno skipper straordinario che conosce tutti i segreti della navigazione. Lei comanda Serena e si occupa di fare foto, del blog e di risolvere piccole emergenze.

A Bethune li ho raggiunti insieme a Sandro, un caro amico di Venezia che è diventato così il nostro secondo “marinaio per caso”!

Prima di arrivare, a Lille, avevamo intervistato i capi della VNF, la società che gestisce i canali francesi.

 

Partiamo da Bethune al mattino prestissimo in direzione di Douai: per dare il cambio a Bruno e Francesco, decido di mettermi ai remi con Sandro, e ci accolliamo una vogata di 41 km, con la pioggia e quasi sempre controvento! Una tappa veramente durissima che ci regala però grande felicità.

 

Passiamo la notte tutti insieme in un bellissimo Marina prima di Douai, situato in un lago artificiale e contornato da platani secolari. Qui, per caso (tra navigatori il mondo è piccolo…) incontriamo degli inglesi, amici di alcune persone che avevamo conosciuto a Londra.

Il giorno seguente è un volare nel vento per ore, con Francesco al timone e Sandro con lui su Clodia.

Il “Grand Gabarit”, il canale che porta da Bethune a Douai, è abbastanza sporco, con molti pesci morti e tanto traffico commerciale che genera onde fastidiose. Fine e Bruno raccolgono due sacchi di rifiuti: d’ora innanzi cercheremo sempre di portare il nostro contributo. Grazie a loro per la bella idea, tanto semplice ed efficace.

Dopo un altra tirata di 40 km ci fermiamo a dormire ad Etrun, in prossimità dell’accesso al canale di Saint Quentin, in un bacino dorato con luce quasi mediterranea. All’arrivo, ritroviamo i nostri nuovi amici inglesi pronti ad offrirci birra e vino a volontà. Una notte insieme a mangiare il riso preparato da Sandro, in cinque in una barca di poco più di cinque metri: siamo uniti e felici.

La notte è fredda: ci risvegliamo nella nebbia, che poi si dirada. In partenza, all’imbocco del canale di Saint Quentin, Serena si incaglia e Clodia le accorre in aiuto. Fortunatamente Bruno, con un lunga cima portata a riva, risolve tutto.

Il Canal de Saint Quentin è meraviglioso. Ci sono più chiuse che chilometri, ma organizzate in modo stupendo. Tutto veloce: vorrei che anche da noi fosse così facile, per invitare le persone a viaggiare.

A Cambrai il Capitano Jean Luc, direttore del “Port de Plaisance” ci omaggia del prezzo dell’ormeggio dopo che ha ascoltato la nostra storia. Ogni volta che succede mi commuovo. Grazie Capitano!

Tutti ci fermano e vogliono navigare con noi. Nel porto di Cambrai, all’ombra dei platani, porto a bordo sei bambini scatenati. Douce France davvero.

Domani si riparte verso il famigerato “Souterrain de Riqueval”, lungo ben 5670 mt e non ventilato.

Così per attraversare c’è un rimorchiatore elettrico e soli due passaggi al giorno: uno alle 9 e uno alle 17. I miei attuali compagni sono fantastici in una situazione non facile.

Abbiamo percorso 170 km in quattro giorni di navigazione nei canali, ben poco a vela.

A presto. Giacomo

 

I fuori orario da Jasmine Lane

Viaggio di una bottiglia

“Dear Sir,

Today monday 16 may we found a bottle on the beach with a letter.

We found it, during a evening walk with our dog, at the beach of Dishoek near Vlissingen in Holland. We already visited the website Man on the River and we wish this project a lot of luck. Also thanks for the t-shirt offer.

Good luck, Anita en Ton Pas”

Questa è l’e-mail che riceviamo il16 Maggio, alle 23,15. Chiediamo lumi a Giacomo e veniamo a sapere che a metà della traversata della Manica ha infilato la classica lettera nella bottiglia e l’ha gettata a mare, nella speranza che qualcuno la ritrovasse. Se volete scoprire cosa c’era scritto guardate i video qui sotto.

Più in basso trovate anche la mappa del viaggio “alternativo” del sorprendente “Message in a bottle” e qui a fianco le foto del luogo di ritrovamento e di Anita e Ton!

Message in a bottle 1

 

Da Gravelines ad Arques – Douce France

Dopo Gravelines siamo arrivati ad Arques.

Questo passaggio nel Nord Pas de Calais è stato un viaggiare sul primo fiume di Francia in ordine alfabetico, l’Aa. E la prima difficoltà è stata superata grazie all’aiuto di David e Maurice e della Base Nautica Jean Binard di Gravelines.

In breve, per una incomprensione con il “chiusaro”, avevo capito che la chiusa che dal porto di Gravelines porta all’Aa aprisse con l’alta marea. Soprallughi, parole e viaggi e tutto sembrava ok. Poi scopriamo poco prima della partenza che la marea non era sufficiente per passare, forse addirittura per una settimana. E tutto questo per fare solo pochi metri!

Altri giri, richieste di aiuti, telefonate di Linda del porto, Mathieu già pronto a prestarci un carrello (ma mancava la macchina), fino a che veniamo inviati alla Base Nautica Jean Binard e lì, da veri uomini di mare, si stabilisce subito un piano con David e Brigitte che ci danno appuntamento per il giorno dopo.

 

Grande esempio di solidarietà e gentilezza. Senza troppe parole e senza volere nulla in cambio ci hanno aiutati, come si fa tra gente seria. Il giorno dopo veleggiamo per due km fino alla fine del canale che il giorno prima avevamo percorso e con un trattore condotto da Maurice, un omone dalla faccia simpatica e di poche parole, veniamo trainati fuori dall’acqua e scortati addirittura dalla polizia (ringraziamo Stefan e Jean Claude) fino allo scivolo subito dopo la chiusa.

Nuova lezione appresa. Le maree sono sempre troppo importanti.

Paolo riprende i bellissimi carri a vela sulla immensa spiaggia di Fort Philippe. David ci racconta che nelle competizioni, con carri molto performanti si raggiungono i 110 Km all’ora di media e che il record di velocità è 237 Km/h!! Senza consumare un grammo di carburante, a parte i materiali dei carri.
Sembrano così belli da lontano, come farfalle che giocano a rincorrersi.

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Grazie David e tutti i ragazzi della base nautica. Da li partiamo con a bordo Paolo, che al timone ci dirige e filma. I primi passaggi sotto due ponti chiusi sono proprio al pelo. Spesso lo faremo poi per evitare di aprire il ponte. Su Clodia alberare e disalberare è questione di secondi.

Canal de Saint Quentin

A remi e vela attraversiamo un paesaggio dolcissimo, ricco di uccelli di tutti i tipi e sopratutto di anatre con i loro pulcini al seguito che scappano avanti a noi, spesso lasciando un pulcino solitario a pigolare impaurito. Il paesaggio è curato, l’acqua sembra pulita con molte ninfee lungo le rive. Un pescatore ha appena preso proprio davanti a noi un pesce di un paio di chili. Sembra un luccioperca.

All’incrocio con il canale da Dunkerque a Watten incrociamo le prime Peniche, le grandi chiatte che a buona velocità sollevano onde non pericolose ma fastidiose che rimbalzano di sponda in sponda. Veniamo rallentati.

Dopo 8 ore arriviamo ad Arques dove ci aspetta la barca appoggio ed un porticciolo idilliaco, in un’ansa del canale che si apre su un canale secondario e tanto verde intorno. Magari fossero così i nostri marina. Silenzio e pace.

Ci accolgono Pierre e Jannique, molto gentili. Pierre ha 60 anni ma ne dimostra 40, insegna Qi Gong, ed ha attraversato la Manica in pedalò e percorso i canali da Arques a Parigi su un Velo Surf, una specie di bicicletta d’acqua. Si sta bene qui.

La civiltà delle acque è meravigliosa. Barche e canali che portano ovunque, potremmo andare in Danimarca, a Mosca, in Germania, sempre sull’acqua, senza andare a terra.

A Saint Omer, dopo che cerchiamo aiuto in varie agenzie per tornare a Venezia per le mie visite entriamo nell’Aquatour e troviamo due angeli, Edwige e Fatima, che non solo ci aiutano per i biglietti con grande gentilezza (noi carichi come muli di videocamere e cavalletti e borsoni) ma addirittura ci danno un passaggio in macchina alla stazione ferroviaria di Saint Omer. Che è bellissima vi assicuro, con tutti i canali ed i laghi intorno.

Edwige e Fatima tre giorni dopo ci fanno anche un’altra sorpresa, regalandoci i biglietti per il ritorno da Venezia a Saint Omer! Grazie!

Abbiamo poi fatto una scappata a Lille, bellissima città delle Fiandre, dove abbiamo incontrato i gentili rappresentanti della VNF la compagnia potentissima che gestisce tutta la rete della navigazione fluviale in Francia. Cosa molto seria qui, che fa girare una economia mica da ridere. Ve ne scriverò ancora.

 

Bruno sta bene, è molto forte e mi sembra felice.

Arriva Francesco Cappelletti, il nostro primo ospite (si è prenotato attraverso questo sito) ora e saremo in 4 dato che anche Josephine ritornerà con noi sulla sua Serena, la barca appoggio.

 

Un ringraziamento particolare a Malcolm di Gravelines per i meravigliosi e buonissimi regali che ci ha fatto, tra i quali la birra Jean Bart, come il vascello che si sta costruendo.

Qualche giorno di riposo per le mie visite mediche e si riparte per Bethune.

A presto

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