Inno agli Unni

Molte volte nella vita ci sono perdite. Si perde di tutto. Tempo, occasioni, chiavi, anche la vita stessa. Oggi ho perso un amico e l’acqua che viene giù forse è per lui. La nostra era un’amicizia nata da un intervento curioso ad un mio speech a Faversham. Sembrava un ragazzo. Era un ragazzo. Anche a 51 anni.

Moray Aitken, uomo ricco, è morto ed ora è luce. Grazie per tutto l’affetto che mi hai regalato ed i consigli preziosi su come vivere, nutrirmi e andare con leggerezza su questo fiume che è la vita. Il tempo può essere eterno quando è vissuto con attenzione.


Obuda

I giorni di Obuda (una zona di Budapest) sono stati eterni. Incontri felici. Il marina Wiking che ci ospita, George e le sue cose buone, le visite quotidiane di James e Stephan i due viaggiatori.

Poi un festival di musica dove già sento i Balcani arrivare. Grande talento, vita che è musicale e folle. Musica vitale. Due giovani che danzano antiche danze della Puszta, la grande pianura tra Ungheria e Serbia dove ancora sopravvive un mondo di cavalli, natura e cieli grandi.

Una sera torniamo a Szentendre (la bella città con le chiese ortodosse greche già visitata lo scorso anno) invitati da Joszeph, Imre e Laszlo. Ci saluta un grande arcobaleno sul Danubio, dopo una giornata di pioggia battente.

Sotto la moderna Obuda scopriamo la grande Aquincum romana, che ospitava 6.000 legionari. Sono ancora visibili la piscina termale, i canali del riscaldamento sotto il pavimento, steli ed altorilievi a fianco di condizionatori e negozi. Anche nel supermarket c’è un grande pilastro.

Potrebbe essere una grande risorsa ma va bene così. In fondo l’oblio di un mondo come quello romano che andò a “colonizzare” (tradotto: rompere i coglioni) popoli che se ne stavano beati non mi disturba affatto. Pur apprezzando le belle cose preferisco che si conservi una foresta piuttosto che un mucchio di pietre scavate da una montagna che mai più tornerà.

L’uomo al centro dell’universo è terrorizzante. L’estetizzazione del vivere è pericolosa quanto o forse più della vera ed arcaica barbarie. Se si vedono i risultati hanno distrutto più i romani che i cosiddetti barbari. Le foreste delle coste Dalmate mai torneranno come prima, così come il grande bosco padano. Servivano gli alberi bellissimi per le navi, per costruire l’impero dei bimbi avidi.

Ma cosi è andata e va. Per un paio di “civili” tacchi a spillo perdiamo, rubiamo il pianeta ai nostri figli. Agli animali “selvaggi”.

Goodbye Budapest

Aspettiamo James Thomas che si doveva imbarcare con me su Clodia ma l’Unicef gli fissa altri incontri e quindi ci salutiamo su un pontile, consapevoli che ci ritroveremo. Tra viaggiatori è così.

Le serate su Clodia con Stephan, James, Anna, Alessandra e Leon sono state belle e semplici: un lume a petrolio, riso e uova di una contadina del mercato bio che abbiamo trovato al festival di Obuda. Qui abbiamo anche incontrato Attila e Réka che ci hanno venduto latte di capra, succo di barbabietole e poi un formaggio, da noi denominato il puzzone.

E’ una bomba Unna di profumo: paprika e spezie tutte insieme in una poltiglia che cambia la vita in un secondo.

La cittadina di Obuda ha 4 musei in una piazza, tra cui quello di Vasarely, op artist famosissimo. Trovo una via Pal ma non credo sia la vera via Pal. Grande amore per le statue in bronzo di Harrer Pal, le signorine con ombrello, molto famose anch’esse.

Vedo una generazione negli after hours di Obuda Island, dove sono concentrate le discoteche più “Tamarre” che ho visto. Fauna di culturisti anabolizzati e ragazze ipertrofiche che fanno male a vederli. Se l’Ungheria del futuro sara questa meglio emigrare. Ma poi vedo Laszlo e un grande uomo, Lányi Gj?rgj, che insegna ai bambini a cantare e suonare musiche di inaudita potenza evocativa ed energia.  I bambini sono in trance. Un genio.

Cosi insomma, tra contrasti, bellezza e occidente che rovina e omologa tutto, ripartiamo. Salta il nostro incontro con Vituki, per l’acqua del Danubio.

Via a navigare. Come voleva Bruno che adesso attraversa l’Atlantico. Prima tappa, dopo 36 km, in una piccola lanca protetta vicino a Ersci. Scopriamo i veri salici piangenti. E piangono davvero. Doppia ancora e sonno profondo. Al mattino nebbia.

Il Danubio è molto naturale. Salici giovani e vecchi, tronchi, sponde in erosione, spiagge e lanche. E tanto pesce.

Appena partiti, brivido! Il motore di Serena parte poi si spegne. Mi affianco, provo. Nulla! Smonto la candela e indaffarato non guardo avanti. Mentre deriviamo Leon urla: “Una cascata!” Una rapida. Velocemente getto l’ancora: oh oh, non tiene! Penso: “Li mollo e salvo almeno Clodia”, poi dico “No, si muore o si vive insieme!”

Ai remi, con le due barche legate, ce la facciamo per un pelo. Quidado Giacomo!! Poi traino a remi Serena su una spiaggetta, si cambia la candela e tutto fila liscio. Leon ed Anna sono grandi. E Leon non aveva mai portato una barca. Non facile con questa corrente. E filmare.

A Dunaföldvar dopo altri 54 km (stanco) ormeggiamo in un piccolo porticciolo protetto ed uno Yacht Club da sogno. Semplicità, canoe, generosità.

Ci accolgono tre giovani. Parlano bene inglese. Sono simpaticissimi. Il vecchio custode dorme in una 126 accasciata e pronta a scivolare in acqua.

Ma lui è forte. Ci parla, lentamente, cosi non capiamo meglio, in Ungherese e ci racconta le bellezze locali.

 

Che mi immagino. Vedo le terme. Il castello, il calvario. La chiesa. Incontriamo Szusanne che modella della terracotta meravigliosa e un gentilissimo uomo che ci fa visitare la sua casa subito prima del castello, con bassorilievi romani all’interno. Un sogno.

Pace e monumento ai soldati sovietici ancora lì. Viaggio per la prima volta su una Trabant station wagon, un passaggio, e sono felice.  Riposiamo per un giorno e lavoriamo in Internet.

Il giorno dopo navighiamo per altri 36 km fino a Paks dove ci chiedono 20 euro per una notte nel piccolo porto. Decliniamo e seguendo dei canoisti arriviamo ad un idillico ristorantino con baia annessa dove, in cambio di una mano a mettere in acqua una barca riceviamo tre belle birre.

Passiamo una notte tranquilla, anche se fredda e con le prime zanzare. Sveglia alle 5,30 e via per 50 km verso Baja. Bolino contro vento che rinforza.

A Baja incontriamo Nicola, regista e amico, e scoppia una tempesta che dura tutta la notte. Notte di musica: una festa per il pesce con canzoni popolari splendide, energia pura. Il vento che mi scuote nella notte (la tenda regge benissimo le raffiche fortissime e la pioggia feroce) mi porta anche a volte della musica rave. Da 30 siamo passati a 11 gradi.

Mentre sono in un bar, vedo su un giornale in prima pagina che a Venezia, mia amata ed odiata città, i costosissimi giocattoloni della coppa America si rovesciano. Che tristezza vedere tutti quei soldi in mani cosi avare e piccole. Quando cresceremo? Quando proveremo a comprendere?

A Baja scopro che qui nacque István Türr, architetto ingegnere di canali. Diserta dagli austriaci, fa il ’48 in italia, viene ferito a Brescia e diviene generale sotto Garibaldi. Uno dei mille: da Baja a Quarto. Che popolo bello. Generoso.

Ancora a Baja, dopo tre giorni di pioggia incontro Jozsef che mi racconta del suo viaggio in bici nel 1974 fino a Roma, quando non era così facile viaggiare. Jozsef è un chimico che si occupava delle analisi delle acque del Danubio. Da quando il depuratore di Budapest è in funzione è molto meglio. I parametri sono ottimi.

 

Le sue parole sulla situazione dell’Ungheria attuale sono molto preoccupanti. Ma non molto differenti da quelle che in tutto il pianeta ci tolgono vita. Chi vuole troppo e chi non ha nulla. Corruzione e giochi di potere, che, come sempre è nelle mani dei soliti. Gli stessi del socialismo dittatoriale.

Annett, una giovane ragazza dagli occhi molto belli e vivaci, ha vissuto a Londra per tre anni e lavora nel Daniel’s Cafè dove passiamo tutto il giorno collegati ad internet. Lei ama Baja e ci è tornata. Ama il Danubio e quello che permette di fare. Sport, turismo e divertimento. Ci aiuta con una lingua che ci trova disarmati, a parte grazie, si e no.

Ivett parla italiano, è una bella donna che gestisce un ristorante italiano, il Riverside Pub, dove mangiamo benissimo davvero e la intervistiamo. Anche lei è tornata dall’Italia e in realta ci vorrebbe fare ritorno

Qui la crisi è forte. Difficile lavorare malgrado Baja goda di una posizione straordinaria. Due parchi nazionali la circondano, due fiumi, e sorgenti termali a Dunaföldvar e Mohacs.

Stiamo per lasciare questo paese meraviglioso, vorrei rimanerci ancora qualche anno per capire di più. Per viverci “soltanto”. Ma il viaggio è fatto anche di abbandoni.

Ora siamo arrivati a Mohacs, al confine con la Serbia, dopo 33km in tre ore. Qui nel 1526 i Turchi sconfissero le armate Ungheresi. E portarono un altro mondo.

Vizslontlátásra

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3 Responses to “Inno agli Unni”

  1. elena scrive:

    si, giaco, la vita è fatta di perdite. soprattutto di amici.
    un abbraccio. torna presto a carbonera.

  2. maurizio scrive:

    e vero , nella vita che ci sono delle perdite.
    dovrebbero insegnarci a non dare mai per scontate le persone e le cose belle che troviamo….
    amare intensamente, vivere intensamente, viaggiare con passione.
    come fai TU. e come facioo io per luce riflessa..
    grazie Giacomo.

  3. giacomo scrive:

    Grazie Elena e grazie Maurizio,

    siamo come le foglie sul fiume.

    Un abbraccio

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